lunedì 31 dicembre 2007

Buon anno a tutti!

Bhè, credo che per i prossimi due-tre giorni la mia attività di blogger andrà in pausa, causa libagioni e festeggiamenti vari.
Auguri a tutti!

domenica 30 dicembre 2007

Pepe Carvalho, investigatore sui generis.

Pepe Carvalho è l'investigatore protagonista del libro "Assassinio al Comitato Centrale", dello scrittore spagnolo Manuel Vazquez Montalban. La sua principale passione pare essere il cibo. Intere pagine del libro sono occupate da dettagliate descrizioni enogastronomiche. Mah. Dopo un inizio avvilente la storia ha preso un po' di brio, ma devo ammettere che questo scrittore mi ha deluso. Uno stile troppo cerebrale per una storia troppo semplice. Spero almeno nel finale col botto.

sabato 29 dicembre 2007

"Assassinio al Comitato Centrale", di Manuel Vazquez Montalban. Prime impressioni.

Questo periodo è per me un frenetico succedersi di libagioni e festeggiamenti vari, tanto che mi sento più vicino a Charles Bukowsky, almeno per quanto riguarda il l'aspetto alcolico. Comunque oggi ho cominciato la lettura del libro "Assassinio al Comitato Centrale", dello scrittore spagnolo Manuel Vazquez Montalban. Si tratta di un giallo. Durante una riunione del Comitato Centrale del Partito Comunista spagnolo viene assassinato il Segretario Generale. Si tratta di un omicidio all'Agata Christie: avviene a porte chiuse dall'interno in una sala gremita di persone. Peccato però che Manuel Vazques Montalban pare non avere neanche l'ombra dello stile della scrittrice inglese. Il protagonista, il detective Pepe Carvahlo, è un personaggio ambiguo il cui unico interesse al momento pare essere la buona cucina. Mah. Lo stile dello scrittore spagnolo è a dir poco contorto. Peccato, perché la storia - ambientata nella Spagna post-franchista - è interessante e si presterebbe a interessanti contaminazioni storico-politiche. Spero questo libro si riscatti nelle prossime pagine.

giovedì 27 dicembre 2007

Il prossimo libro.

Passo al genere giallo. Il prossimo libro sarà "Assassinio al comitato centrale", di Manuel Vazquez Montalban. Ennesimo autore del quale non ho mai letto nulla. Vedremo.

martedì 25 dicembre 2007

Recensione del libro "La città delle bestie", di Isabel Allende.


La scrittrice sudamericana ci ha regalato un bel libro per ragazzi, ma non solo. Il protagonista, Alexander, è un quindicenne californiano che in seguito alla grave malattia della madre viene spedito da sua nonna paterna Kate, una non più giovane ma combattiva giornalista d'assalto. Questa si aggrega a una spedizione del National Geografic in Amazzonia, alla ricerca di una nuova specie animale che sembra creare molti problemi nella giungla. Infatti intorno a uno sperduto villaggio si aggira una non meglio definita Bestia che terrorizza i nativi. Kate si porta dietro il nipote, che si ritrova quindi catapultato in una incredibile avventura. Alexander lega subito con la figlia della guida locale , la tredicenne Nadia. La spedizione si inoltra nella giungla, ma al primo contatto con la misteriosa creatura le cose sembrano precipitare. Alexander e Nadia si ritrovano persi nella foresta al seguito di una tribù di nativi, il Popolo della Nebbia. Qui i due adolescenti vivono una serie di esperienze incredibili grazie alle quali riescono sia a conoscere la misteriosa Bestia, sia a superare le proprie paure. Si riaggregano quindi ai resti della spedizione e smascherano l'organizzatore delle stessa, che in realtà è un delinquente senza scrupoli che voleva sterminare i nativi utilizzando le vaccinazioni come veicolo di contagio.
Isabel Allende gioca con diversi generi letterari (avventura, fantasy, thriller) in modo molto efficace, utilizzando un linguaggio semplice e coinvolgente. Veramente un bel libro per ragazzi. Tutto lo scritto è permeato di valori sociali e rispetto per l'ambiente, e di fatto può essere visto come la storia dell'iniziazione alla vita adulta del giovane Alexander. Un libro che è un'invito a lasciare aperta la porta all'immaginazione e alla creatività, e nel quale trionfano i valori come l'amicizia, il rispetto degli altri e delle loro idee, l'assunzione della responsabilità delle proprie azioni, il coraggio, la generosità. Insomma, un libro divertente e educativo, lontano anni luce dal pattume che mediamente viene scritto per i nostri ragazzi.

lunedì 24 dicembre 2007

La legge della reciprocità.

Continua la piacevole lettura del libro "La città delle bestie", della scrittrice sudamericana Isabel Allende. Una bella storia per ragazzi. A un certo punto il protagonista Alex e la sua amica devono affrontare delle dure prove per raccogliere degli oggetti magici. Tuttavia nella città delle bestie non si può prendere senza dare.

"...Fu allora che ricordò ciò che lo sciamano le aveva insegnato il giorno prima: la legge della reciprocità. Per prendere una cosa, se ne deve dare un'altra in cambio."

Una bella storia con degli insegnamenti morali. In realtà tutto il libro è permeato di tematiche sociali e di rispetto dell'ambiente. Questi concetti vengono tuttavia proposti in maniera leggera e godibile. Una bella lettura per giovani (e non solo), alla faccia del vuoto pneumatico proposto da scrittori come Federico Moccia, dove la realtà sembra esaurirsi nelle griffe e nella violenza gratuita e autoreferenziale.

domenica 23 dicembre 2007

La famiglia è in crisi...

Il concetto occidentale di famiglia - inteso come coppia uomo-donna votata l'uno all'altro per l'eternità - è in crisi. Lungi da me l'idea di fare valutazioni morali in merito. Credo che ogni individuo adulto abbia le sue opinioni in merito, e ogni opinione meriti rispetto. A patto che non voglie essere "La" opinione. Cito Isabel Allende, in un brano tratto dal suo libro "La città delle bestie", in cui descrive l'organizzazione di una società tribale amazzonica:

"Nadia constatò che per il Popolo della Nebbia era normale avere più spose o più mariti; nessuno restava solo. Se un uomo moriva, i figli e le mogli venivano immediatamente adottati da qualcun altro in grado di proteggerli e badare a loro. Era il caso di Tahama, che doveva essere un ottimo cacciatore, visto che si occupava di varie donne e di una dozzina di bambini. Dal canto suo una madre, il cui sposo non fosse un ottimo cacciatore, poteva avere altri mariti che l'aiutassero a nutrire i figli. Di solito, i genitori promettevano le figlie in sposa già alla nascita, ma nessuna ragazza era costretta a sposarsi o a stare con un uomo contro la propria volontà..."

Ognuno può pensare come meglio crede, ma devo dire che queste frasi mi hanno fatto riflettere a lungo... chi è più civile??... Noi o loro??...

sabato 22 dicembre 2007

La nostra società ha dimenticato i riti d'iniziazione.

Continua la lettura del piacevole libro "La città delle bestie", della scrittrice sudamericana Isabel Allende. A un certo punto il protagonista, Alex, viene accettato come mebro in una tribù e deve passare attraverso un rito d'iniziazione. In pratica deve sopportare una serie di prove per dimostrare di essere in grado di fronteggiare la paura e affrontare la vita. Nelle società tribali i riti d'iniziazione sanciscono il passaggio degli individui della comunità dall'infanzia alla vita adulta. Il ricordo di queste antiche cerimonie sopravvive in molte fiabe, ma di fatto nella nostra società questo passaggio non è più definito. Quando un individuo diventa adulto, agli occhi della comunità?! A diciotto anni, quando comincia a votare, quando lavora o che altro?! Bho!

giovedì 20 dicembre 2007

Isabel Allende, uno stile veramente godibile.

Continua la tranquilla lettura del libro "La città delle bestie", di Isabel Allende. Purtroppo ho poco tempo, leggo la sera prima di andare a dormire. Le pagine volano veloci, la storia è interessante e lo stile veramente godibile. Mi sembra veramente di essere immerso nella giungla amazzonica. Un bellissimo libro per ragazzi, e non solo. La scrittrice sudamericana è riuscita in questo libro a mescolare splendidamente avventura, esoterismo e tematiche sociali. Una lettura piacevole e educativa. Esattamente il contrario di quanto ha fatto Federico Moccia con il suo orrendo "Tre metri sopra il cielo".

mercoledì 19 dicembre 2007

Prime impressioni sul libro "La città delle bestie", di Isabelle Allende.

La storia è semplice. In seguito alla malattia della madre, Alex - un ragazzino californiano quindicenne - si ritrova catapultato in Amazzonia al seguito di sua nonna, attempata giornalista d'assalto. I due partecipano a una spedizione nel folto della foresta tropicale alla ricerca di una Bestia che semina il terrore tra i nativi. Se la scrittrice sudamericana intendeva realizzare un romanzo per ragazzi, c'è riuscita benissimo. Mi sembra quasi di ritornare un adolescente, quando divoravo i libri di Salgari, con la differenza che Isabel Allende scrive con un linguaggio moderno, semplice e coinvolgente. Una sana lettura di svago dopo l'immersione nel mondo degradato di Charles Bukowsky...

martedì 18 dicembre 2007

Il nuovo libro.

Nuovo libro, nuovo radicale cambiamento. Questa volta scorrendo la sterminata lista di autori e opere da leggere l'occhio si è fermato su Isabel Allende. Sono andato in libreria, ho dato un'occhiata a quello che di questa scrittrice c'era sugli scaffali. Alla fine ho scelto "La città delle bestie". Un'avventura in amazzonia. Si vedrà.

domenica 16 dicembre 2007

Recensione del libro "Compagni di sbronze", di Charles Bukowsky.



Non facile per me scrivere una recensione di questo libro. Charles Bukowsy è un mito, me ne rendo conto, ma mi rendo anche conto che questo libro non mi ha entusiasmato. Per quanto si lasci leggere senza nessuna difficoltà. Bukowsky scrive bene. Molto bene. Parla dei poveracci che non hanno conosciuto il Sogno Americano. O forse vuole solo dire che il Sogno Americano non c'è. Questo libro è articolato in una ventina di racconti, alcuni dei quali autobiografici. Qualcuno è surreale. Il filo conduttore che li unisce tutti, oltre al sesso e all'alcool, è secondo me l'emarginazione, o forse dovrei dire l'estraneità al mondo "bene". Unica via di salvezza alla conformazione ai dettami di una società senz'anima è la degradazione totale, perseguita essenzialmente per via alcolica, ma non solo. Un cammino autodistruttivo che viene percorso da soli: altra caratteristica comune a tutti i racconti è la disperata solitudine dei protagonisti. Certe scene tratteggiate da Bukowsky sono ributtanti, nel loro assoluto squallore senza possibilità di redenzione. In particolare il racconto dello stupro di una ragazzina mi ha disturbato. Forse è questo aspetto del lavoro di Bukowsky che mi ha dato più fastidio: la ricerca della degradazione totale a qualsiasi costo. Mai un raggio di sole. Un'autore dal mio punta di vista difficile. Questo libro mi ha comunque lasciato il desiderio di leggerne altri del vecchio Bukowsky. Con calma, però.

sabato 15 dicembre 2007

Un pensiero di Charles Bukowsky sulla vita.

Ho trovato in rete questa perla di saggezza di Charles Bukowsky, che dà un'idea del suo modo di vivere la vita.

"Ecco il problema di chi beve, pensai versandomi da bere.
Se succede qualcosa di brutto, si beve per dimenticare;
se succede qualcosa di bello si beve per festeggiare:
se non succede niente si beve per far succedere qualcosa.

Charles Bukowsky."

Riassumo: si beve sempre. Qualsiasi cosa succeda.

venerdì 14 dicembre 2007

...Charles Bukowsky... ehm... sono alquanto perplesso...

Continua la lettura del libro "Compagni di sbronze", dello scrittore Charles Bukowsky. Un paio di racconti al giorno. A piccole dosi. Tra sbronze colossali, stupri di minorenni, pestaggi gratuiti, vomitate pazzesche, rottami umani di vari tipo non è che ci sia molto da ridere. Mah! Forse ho scelto il libro sbagliato di questo autore, ma non è che questo mi faccia sognare...

giovedì 13 dicembre 2007

Charles Bukowsky, uno stile a dir poco disinvolto.

Daniele Luttazzi è stato censurato su La7 per la presunta volgarità della sua trasmissione. Ecco un brano tratto dal libro "Compagno di Sbronze", di Charles Bukowsky. Assicuro che c'è molto di più esplicito, ho scelto un pezzo abbastanza castigato.

"Dan riattaccò. squillò un altro telefono. "vai in culo brutta figlia di puttana, hai le punte dei capezzoli che puzzano perfino più degli stronzi di cane umidi al vento di ponente." riappese e sorrise. si avvicinò a Bagley e lo fece uscire dalla macchina. chiusero l'ufficio a chiave e scesero insieme le scale. quando scesero sul marciapiede il sole era alto e prometteva bene. si riusciva a vedere bene sotto le gonne di cotone leggero. si riusciva quasi a vedergli le ossa. Los Angeles, tra la settima strada e Brodway, l'incrocio dove i cadaveri si abbracciavano ai cadaveri senza neanche sapere perchè. era un giochetto che sapeva di imparaticcio come saltare la corda o vivisezionare rane o pisciare nella cassetta delle lettere o far seghe a un cucciolo di cane."

Se Luttazzi è stato censurato, allora Bukowsky - applicando lo stesso metro - andrebbe impalato vivo sulla piazza...

mercoledì 12 dicembre 2007

Dubbio amletico.

Sono molto indeciso. Che faccio? La censura mi fa ribrezzo. Penso a Luttazzi, defenestrato a calci da La7. Forse per qualche insulto di troppo. Molto più probabilmente perchè in procinto di fare satira sull'ultima enciclica del Papa. Ripeto, la censura mi fa schifo.
Però il livello dello spam nei commenti del mio blog ha superato il limite di guardia. Sono molto indeciso. Censurare o non censurare??! Spero che il sonno porti consiglio.

martedì 11 dicembre 2007

Charles Bukowsky, ovvero l'esaltazione del degrado umano.

Ho comincato a leggere il libro "Compagno di sbronze", dello scrittore americano Charles Bukowsky. E' formato da una ventina di racconti brevi. Alcuni sono molto surreali, altri sono fortemente ironici, qualcuno è quasi ributtante per gli argomenti trattati. Abbastanza vario il modo di scrivere, unico minimo comun denominatore: il degrado totale dell'essere umano.

lunedì 10 dicembre 2007

Un'altro libro, un'altra storia.

Per la prossima lettura ho deciso un cambiamento radicale. Dopo la dolorosa immersione nella triste realtà della guerra in Afghanistan, ho preso in mano la lista dei libri da leggere. L'occhio è caduto su Charles Bukowski. Ne ho sentito parlare mille volte, è citato da tutti, ma non ho mai letto niente di questo autore. Per saggiarlo ho scelto uno dei suoi libri che lo hanno lanciato. Si tratta di "Compagni di sbronze". Quando ho letto il titolo, non ho potuto reprimere un sorriso, pensando alle incredibili (ma godibilissime) polemiche sorte in questo blog a proposito di Mauro Corona. Vedremo.

domenica 9 dicembre 2007

Recensione del libro "Buskashì. Viaggio dentro la guerra", di Gino Strada.

Complimenti a Gino Strada. Questa è la prima cosa che mi viene da dire. Non solo per avere scritto questo libro, ma per tutto quello che ha fatto. Come noto Gino Strada è un chirurgo di guerra, tra i fondatory di Emergency. Non sapevo che avesse scritto dei libri, ma devo dire che per me è stato una sorpresa come scrittore. Perchè scrive bene. Uno stile asciutto, diretto, un taglio giornalistico, lasciando però spazio a interessanti riflessioni.
Questo libro è di fatto il diario di viaggio di un gruppo di medici di Emergency che entra in Afghanistan per riaprire un ospedale a Kabul, allora controllata dai Talebani. Il tutto pochi giorni prima dell'offensiva dei Mujahidin (appoggiati dagli States), seguito ai tragici fatti dell'11 settembre 2001. In seguito al previsto attacco, tutte le organizzazioni umanitarie, Croce Rossa in testa, scapparono dal martoriato Afghanistan. Emergency invece ci entrò. Una scelta coraggiosa, al limite del suicidio. Al di là della mera cronaca dei fatti, il libro è un'amara riflessione sull'assurdità della guerra, sulle atroci sofferenze che questa porta alla popolazione, civili in testa. Ed è anche un'amara riflessione sull'incongruenza dell'informazione che ci viene fornita dai media, sull'inconsistenza del concetto di "guerra giusta", di "bombe intelligenti" e altre amenità che ci vengono quotidianamente propinate. Alla fine rimane una terra martoriata, quella dell'Afghanistan, contesa da più parti per sporchi interessi che nulla hanno a che fare con la popolazione locale. Un bel libro. Grazie Gino.

sabato 8 dicembre 2007

La guerra è una cosa brutta.

Ho appena terminato la lettura del libro "Buskashì. Viaggio dentro la guerra", di Gino Strada. Uso il laconico commento fatto da Piero a un mio post per riassumere il pensiero di Gino sulla guerra. Una condanna in toto, non solo alla guerra nella sua accezione di scontro tra armati, ma a tutto quello che le ruota intorno. Distruzione, miseria, malattie, morti e feriti principalmente tra i civili, sfollati, torture, disinformazione, meschini interessi paludati da nobili ideali. Da ogni pagina di questo libro trasuda una condanna senza compromessi o distinguo nei confronti di questa terribile realtà. Provo una profonda ammirazione nei confronti di questo uomo, che rischia la pelle ogni giorno per difendere concretamente gli ideali in cui crede. E esprime chiaramente il suo pensiero, senza peli sulla lingua. Grande Gino Strada.

venerdì 7 dicembre 2007

I Talebani sono un tipico prodotto americano.

Continua la lettura del libro "Buskashì. Viaggio dentro la guerra", di Gino Strada. Col suo linguaggio freddo e immediato Gino ci ricorda che il regime talebano è stato fortemente voluto dagli statunitensi come antidoto all'invasione sovietica in Afghanistan. Oggi pochi se ne ricordano. Adesso i Talebani sono il male assoluto. Un tempo non era così...

giovedì 6 dicembre 2007

Il pensiero di Gino Strada sulla guerra.

Continuo la lettura del libro "Buskashì. Viaggio dentro la guerra", di Gino Strada. Oggi sono stato molto colpito da due pagine, dove l'autore espone in modo splendido il suo pensiero sulla guerra, contestualizzandolo nella realtà afgana. Ne cito un estratto:

"...
E'lui, Platone, ad attribuire al sofista Trasimaco la seguente frase: "Il giusto altro non è che l'utile del più forte".
E' stata scritta venticinque secoli fa.
Se capisco bene, Trasimaco vuol dire che tutto quello che viene presentato come assoluto, il "giusto" - ma potrebbe anche essere la "verità", o la "libertà", o la "democrazia" - non è poi quella cosa certa, perfetta, immutabile, indiscutibile.
...
Che cosa c'entra questo con la guerra? Molto.
Perché è proprio il negare l'evidenza di Trasimaco - nascondendo a tutti i costi dietro sommi principi e parole roboanti il fatto che stiamo solo facendo il nostro interesse - che ci fa poi sentire portatori della verità, depositari dell'assoluto, paladini del bene, giudici supremi, baluardi della civiltà, gendarmi del mondo.
Se dimentichiamo Trasimaco, se lo censuriamo, allora ci sentiamo nel giusto, anzi nel Giusto. E anche le nostre azioni, almeno ai nostri occhi, troveranno giustificazione. Di più: saranno giuste.
In Afghanistan molti esseri umani sono morti, perché a molti è stato utile, e perché molti si sono sentiti nel giusto.
...
Mentre tutti agivano nel giusto, per la causa, i cittadini dell'Afghanistan venivano uccisi. Quasi due milioni. Mutilati e invalidi, altrettanti. Costretti a fuggire, oltre quattro milioni.
...
E allora, nonostante tutti abbiano agito in difesa della civiltà o della libertà, della religione e della patria, del mercato e della democrazia, nonostante tutti abbiano agito per il "giusto", non è stato giusto."

mercoledì 5 dicembre 2007

Reportage di guerra.

Ho cominciato la lettura del libro "Buskashì. Viaggio dentro la guerra", di Gino Strada, il famoso chirurgo di guerra tra i fondatori di Emergency. Un libro crudo, realista. Posto un brano tratto dallo stesso:

"Gafur non sta più perdendo sangue, ha già ricevuto abbondanti trasfusioni. Ma non migliora. E' il primo paziente che viene operato, dopo la riapertura dell'ospedale. Una pinza emostatica, poi un'altra, tanti lacci da annodare, per legare decine di piccoli vasi sangiugni. Opero in silenzio, lo strumentista capisce ogni volta quel che mi serve.
Gafur. Un civile? Un talebano? Un terrorista? Un mujahedin?
Soltanto un uomo.
Che probabilmente morirà oggi, 13 novembre, prima vittima nella Kabul "liberata", una delle tante vittime di questa storia cominciata il 9 settembre 2001"

martedì 4 dicembre 2007

Per il momento basta con la fiction.

Il prossimo libro che leggerò sarà "Buskashì. Viaggio dentro la guerra", di Gino Strada. L'ho comprato al supermercato. Per caso. Stavo girando col carrello, quando con la coda dell'occhio l'ho notato in offerta su un bancone. Non sapevo che Gino Strada, il famoso chirurgo di guerra tra i fondatori di Emergency, avesse scritto dei libri. Colpito da subitanea folgorazione, l'ho preso all'istante. Ovvio che non ho nessuna pretesa letteraria nei confronti dell'autore. Leggere notizie di prima mano di una realtà lontana e misconosciuta - la guerra in Afghanistan - è un'opportunità che ho voluto cogliere al volo. Specie se queste notizie vengono da una fonte qualificata come è Gino Strada. Dopo tanti libri di fiction, un sano bagno nella cruda realtà ci vuole.

domenica 2 dicembre 2007

Recensione del libro "Kitchen", di Banana Yoshimoto.



Leggere questo libro è stato veramente molto piacevole e stimolante. Considerando inoltre che si tratta del libro d'esordio di questa scrittrice giapponese (la prima pubblicazione in Italia risale al 1991), devo dire che ho veramente voglia di leggerne altri. E' diviso in tre racconti, ma questo fatto non toglie nulla alla qualità dello scritto. Siamo infatti a livelli enormemente più alti rispetto ai raccontini di Mauro Corona. Innanzitutto lo stile. Un modo di scrivere semplice e immediato, lontano anni luce dai contorsionismi stilistici di Tullio Avoledo, ma mai banale o scontato. Banana Yoshimoto usa con grande maestria efficaci e brevi descrizioni degli ambienti per descrivere l'evoluzione dello stato d'animo dei personaggi, e sa rendere sempre interessante il racconto grazie a continui salti spazio temporali, sempre all'interno di un quadro molto coerente. Grande è inoltre la sua capacità di giocare con diversi generi letterari (romanzo rosa, fantasy, thriller, diario intimistico) mantenendoli però all'interno di una struttura nel complesso molto agile e godibile. Volendo fare un confronto con "L'elenco telefonico di Atlantide", devo dire che dove Avoledo ha fallito miseramente (assemblando un caotico guazzabuglio privo di ritmo e omogeneità), Banana Yoshimoto ha centrato pefettamente nel segno. La scrittrice giapponese infatti privilegia un approccio emotivo e intimistico, quindi non necessita di pesanti sovrastrutture razionali a giustificare quello che (tra l'altro) non può essere neanche giustificato.
I primi due racconti hanno come protagonista una giovane donna, Mikage Sakurai, recentemente rimasta sola al mondo in seguito al decesso della nonna. I due racconti (il secondo è il logico proseguimento del primo) possono essere sinteticamente riassunti come la nascita di una storia d'amore tra Mikage e un ragazzo, Yuichi. Una unione di due solitudini. L'amore di Mikage per la cucina agisce come tema di raccordo nella trama e come occasione per descrivere gli stati d'animo dei vari personaggi. La storia è estremamente intimistica e vagamente onirica, un velo di tristezza infinita sembra permeare tutto. La leggerezza e la poesia usata dalla Yoshimoto per descrivere situazioni di per sè molto negative è magistrale. La scrittrice inoltre gioca molto con il concetto di famiglia e con i ruoli maschile e femminile, senza mai cadere nella volgarità o nel banale. Grande.
L'ultimo racconto, "Moonlight Shadows", è secondo me un piccolo capolavoro. La storia è ancora più triste. La protagonista è Satsuki, un ragazza. Ha di recente perso in un tragico incidente stradale il suo ragazzo. Assieme a lui è morta anche la ragazza del fratello minore di questi. Satsuki incontra una ragazza, Urara, che le permette (sfruttando una rarissima aberrazione spazio temporale), di godersi un ultimo addio col proprio ragazzo. Contemporaneamente, nasce una profonda amicizia tra Satsuki e il fratello minore del defunto. Detta così può sembrare una storia assurda o stupida, ma la capacità della Yoshimoto di descrivere gli stati d'animo e i pensieri di Satsuki è magistrale.
Un ultima considerazione. Il libro è abbastanza corto. Circa 150 pagine. Tuttavia questo fatto è ininfluente dal punto di vista della qualità. I tre racconti sono tutti autonomi e compiuti. Non si percepisce alcun taglio (a differenza del libro "Vukovlad. Il signore dei lupi" dello scrittore Paolo Maurensig), e sono pefettamente coerenti e omogenei dal punto di vista dello stile e dei contenuti (a differenza del libro "L'elenco telefonico di Atlantide", dello scrittore Tullio Avoledo). Inoltre lo stile è talmente superiore a quello di Mauro Corona che credo non abbia senso fare un confronto. Insomma, visto che su Federico Moccia stendo un velo di pietoso silenzio, "Kitchen" di Banana Yoshimoto è il migliore dei cinque libri che ho letto da quando ho aperto il blog.

Lettura finita.

Oggi ho terminato la meditata lettura del libro "Kitchen", della scrittrice giapponese Banana Yoshimoto. Una bella esperienza. Sto raccogliendo le idee per scrivere la recensione. Intanto posto alcuni brani tratti dal postscriptum:

"Conquistare e crescere: credo che in queste due azioni sia scritta la storia spirituale di ognuno, con tutte le sue speranze e potenzialità. Ci sono tanti amici, tante persone che conosco che vanno sempre più avanti, lottando con la vita di ogni giorno come sanno, con impeto o con dolcezza. Questo mio primo libro è dedicato a tutti loro.
L'ho scritto mentre facevo la cameriera in un locale.
...
E poi vorrei dire a tutte le persone sconosciute che leggeranno questo mio primo, immaturo lavoro, che se li facessi sentire anche solo di un pochino più sollevati, non ci potrebbe per me gioia più grande. In attesa di ritrovarci la prossima volta, vi auguro con tutto il cuore ogni felicità."

sabato 1 dicembre 2007

Banana Yoshimoto, una grande scrittrice.

Banana Yoshimoto mi sta facendo sognare. Il suo libro "Kitchen" è veramente ben fatto, per alcuni aspetti geniale. Uno stile fresco e coinvolgente, mai banale. Mi ha molto colpito da un lato il linguaggio molto semplice usato dalla Yoshimoto, dall'altro la sua abilità a cambiare continuamente piani spaziali e temporali. Un libro molto intimistico, ricco di riflessioni. Pur essendo abbastanza corto (148 pagine nell'edizione Universale Economica Feltrinelli), sto impiegando più tempo del previsto a terminare la lettura. Questo per mia scelta personale, perché voglio gustare il piacere di rileggere le pagine che più mi hanno colpito. Cito un brano, per rendere meglio l'idea dello stile della Yoshimoto:

"... ognuno di noi pensa di avere molte strade e di potere scegliere da sé. Ma forse sarebbe più esatto dire che sogna il momento di scegliere. Anche per me è stato così. Ma ora lo so. Lo so con tanta chiarezza da poterlo mettere in parole. La strada è sempre decisa, non però in senso fatalistico. Sono il nostro continuo respirare, gli sguardi, i giorni che si succedono a deciderla naturalmente. Così a qualcuno può capitare di trovarsi, come se fosse la cosa più normale del mondo, in pieno inverno dentro una pozzanghera su un tetto in un paese sconosciuto, a guardare il cielo notturno insieme a un katsudon*.
"Ah, com'è bella la luna!"
Mi rimisi in piedi e bussai alla finestra di Yuichi."

* Il katsudon è un cibo giapponese.