lunedì 31 dicembre 2007

Buon anno a tutti!

Bhè, credo che per i prossimi due-tre giorni la mia attività di blogger andrà in pausa, causa libagioni e festeggiamenti vari.
Auguri a tutti!

domenica 30 dicembre 2007

Pepe Carvalho, investigatore sui generis.

Pepe Carvalho è l'investigatore protagonista del libro "Assassinio al Comitato Centrale", dello scrittore spagnolo Manuel Vazquez Montalban. La sua principale passione pare essere il cibo. Intere pagine del libro sono occupate da dettagliate descrizioni enogastronomiche. Mah. Dopo un inizio avvilente la storia ha preso un po' di brio, ma devo ammettere che questo scrittore mi ha deluso. Uno stile troppo cerebrale per una storia troppo semplice. Spero almeno nel finale col botto.

sabato 29 dicembre 2007

"Assassinio al Comitato Centrale", di Manuel Vazquez Montalban. Prime impressioni.

Questo periodo è per me un frenetico succedersi di libagioni e festeggiamenti vari, tanto che mi sento più vicino a Charles Bukowsky, almeno per quanto riguarda il l'aspetto alcolico. Comunque oggi ho cominciato la lettura del libro "Assassinio al Comitato Centrale", dello scrittore spagnolo Manuel Vazquez Montalban. Si tratta di un giallo. Durante una riunione del Comitato Centrale del Partito Comunista spagnolo viene assassinato il Segretario Generale. Si tratta di un omicidio all'Agata Christie: avviene a porte chiuse dall'interno in una sala gremita di persone. Peccato però che Manuel Vazques Montalban pare non avere neanche l'ombra dello stile della scrittrice inglese. Il protagonista, il detective Pepe Carvahlo, è un personaggio ambiguo il cui unico interesse al momento pare essere la buona cucina. Mah. Lo stile dello scrittore spagnolo è a dir poco contorto. Peccato, perché la storia - ambientata nella Spagna post-franchista - è interessante e si presterebbe a interessanti contaminazioni storico-politiche. Spero questo libro si riscatti nelle prossime pagine.

giovedì 27 dicembre 2007

Il prossimo libro.

Passo al genere giallo. Il prossimo libro sarà "Assassinio al comitato centrale", di Manuel Vazquez Montalban. Ennesimo autore del quale non ho mai letto nulla. Vedremo.

martedì 25 dicembre 2007

Recensione del libro "La città delle bestie", di Isabel Allende.


La scrittrice sudamericana ci ha regalato un bel libro per ragazzi, ma non solo. Il protagonista, Alexander, è un quindicenne californiano che in seguito alla grave malattia della madre viene spedito da sua nonna paterna Kate, una non più giovane ma combattiva giornalista d'assalto. Questa si aggrega a una spedizione del National Geografic in Amazzonia, alla ricerca di una nuova specie animale che sembra creare molti problemi nella giungla. Infatti intorno a uno sperduto villaggio si aggira una non meglio definita Bestia che terrorizza i nativi. Kate si porta dietro il nipote, che si ritrova quindi catapultato in una incredibile avventura. Alexander lega subito con la figlia della guida locale , la tredicenne Nadia. La spedizione si inoltra nella giungla, ma al primo contatto con la misteriosa creatura le cose sembrano precipitare. Alexander e Nadia si ritrovano persi nella foresta al seguito di una tribù di nativi, il Popolo della Nebbia. Qui i due adolescenti vivono una serie di esperienze incredibili grazie alle quali riescono sia a conoscere la misteriosa Bestia, sia a superare le proprie paure. Si riaggregano quindi ai resti della spedizione e smascherano l'organizzatore delle stessa, che in realtà è un delinquente senza scrupoli che voleva sterminare i nativi utilizzando le vaccinazioni come veicolo di contagio.
Isabel Allende gioca con diversi generi letterari (avventura, fantasy, thriller) in modo molto efficace, utilizzando un linguaggio semplice e coinvolgente. Veramente un bel libro per ragazzi. Tutto lo scritto è permeato di valori sociali e rispetto per l'ambiente, e di fatto può essere visto come la storia dell'iniziazione alla vita adulta del giovane Alexander. Un libro che è un'invito a lasciare aperta la porta all'immaginazione e alla creatività, e nel quale trionfano i valori come l'amicizia, il rispetto degli altri e delle loro idee, l'assunzione della responsabilità delle proprie azioni, il coraggio, la generosità. Insomma, un libro divertente e educativo, lontano anni luce dal pattume che mediamente viene scritto per i nostri ragazzi.

lunedì 24 dicembre 2007

La legge della reciprocità.

Continua la piacevole lettura del libro "La città delle bestie", della scrittrice sudamericana Isabel Allende. Una bella storia per ragazzi. A un certo punto il protagonista Alex e la sua amica devono affrontare delle dure prove per raccogliere degli oggetti magici. Tuttavia nella città delle bestie non si può prendere senza dare.

"...Fu allora che ricordò ciò che lo sciamano le aveva insegnato il giorno prima: la legge della reciprocità. Per prendere una cosa, se ne deve dare un'altra in cambio."

Una bella storia con degli insegnamenti morali. In realtà tutto il libro è permeato di tematiche sociali e di rispetto dell'ambiente. Questi concetti vengono tuttavia proposti in maniera leggera e godibile. Una bella lettura per giovani (e non solo), alla faccia del vuoto pneumatico proposto da scrittori come Federico Moccia, dove la realtà sembra esaurirsi nelle griffe e nella violenza gratuita e autoreferenziale.

domenica 23 dicembre 2007

La famiglia è in crisi...

Il concetto occidentale di famiglia - inteso come coppia uomo-donna votata l'uno all'altro per l'eternità - è in crisi. Lungi da me l'idea di fare valutazioni morali in merito. Credo che ogni individuo adulto abbia le sue opinioni in merito, e ogni opinione meriti rispetto. A patto che non voglie essere "La" opinione. Cito Isabel Allende, in un brano tratto dal suo libro "La città delle bestie", in cui descrive l'organizzazione di una società tribale amazzonica:

"Nadia constatò che per il Popolo della Nebbia era normale avere più spose o più mariti; nessuno restava solo. Se un uomo moriva, i figli e le mogli venivano immediatamente adottati da qualcun altro in grado di proteggerli e badare a loro. Era il caso di Tahama, che doveva essere un ottimo cacciatore, visto che si occupava di varie donne e di una dozzina di bambini. Dal canto suo una madre, il cui sposo non fosse un ottimo cacciatore, poteva avere altri mariti che l'aiutassero a nutrire i figli. Di solito, i genitori promettevano le figlie in sposa già alla nascita, ma nessuna ragazza era costretta a sposarsi o a stare con un uomo contro la propria volontà..."

Ognuno può pensare come meglio crede, ma devo dire che queste frasi mi hanno fatto riflettere a lungo... chi è più civile??... Noi o loro??...

sabato 22 dicembre 2007

La nostra società ha dimenticato i riti d'iniziazione.

Continua la lettura del piacevole libro "La città delle bestie", della scrittrice sudamericana Isabel Allende. A un certo punto il protagonista, Alex, viene accettato come mebro in una tribù e deve passare attraverso un rito d'iniziazione. In pratica deve sopportare una serie di prove per dimostrare di essere in grado di fronteggiare la paura e affrontare la vita. Nelle società tribali i riti d'iniziazione sanciscono il passaggio degli individui della comunità dall'infanzia alla vita adulta. Il ricordo di queste antiche cerimonie sopravvive in molte fiabe, ma di fatto nella nostra società questo passaggio non è più definito. Quando un individuo diventa adulto, agli occhi della comunità?! A diciotto anni, quando comincia a votare, quando lavora o che altro?! Bho!

giovedì 20 dicembre 2007

Isabel Allende, uno stile veramente godibile.

Continua la tranquilla lettura del libro "La città delle bestie", di Isabel Allende. Purtroppo ho poco tempo, leggo la sera prima di andare a dormire. Le pagine volano veloci, la storia è interessante e lo stile veramente godibile. Mi sembra veramente di essere immerso nella giungla amazzonica. Un bellissimo libro per ragazzi, e non solo. La scrittrice sudamericana è riuscita in questo libro a mescolare splendidamente avventura, esoterismo e tematiche sociali. Una lettura piacevole e educativa. Esattamente il contrario di quanto ha fatto Federico Moccia con il suo orrendo "Tre metri sopra il cielo".

mercoledì 19 dicembre 2007

Prime impressioni sul libro "La città delle bestie", di Isabelle Allende.

La storia è semplice. In seguito alla malattia della madre, Alex - un ragazzino californiano quindicenne - si ritrova catapultato in Amazzonia al seguito di sua nonna, attempata giornalista d'assalto. I due partecipano a una spedizione nel folto della foresta tropicale alla ricerca di una Bestia che semina il terrore tra i nativi. Se la scrittrice sudamericana intendeva realizzare un romanzo per ragazzi, c'è riuscita benissimo. Mi sembra quasi di ritornare un adolescente, quando divoravo i libri di Salgari, con la differenza che Isabel Allende scrive con un linguaggio moderno, semplice e coinvolgente. Una sana lettura di svago dopo l'immersione nel mondo degradato di Charles Bukowsky...

martedì 18 dicembre 2007

Il nuovo libro.

Nuovo libro, nuovo radicale cambiamento. Questa volta scorrendo la sterminata lista di autori e opere da leggere l'occhio si è fermato su Isabel Allende. Sono andato in libreria, ho dato un'occhiata a quello che di questa scrittrice c'era sugli scaffali. Alla fine ho scelto "La città delle bestie". Un'avventura in amazzonia. Si vedrà.

domenica 16 dicembre 2007

Recensione del libro "Compagni di sbronze", di Charles Bukowsky.



Non facile per me scrivere una recensione di questo libro. Charles Bukowsy è un mito, me ne rendo conto, ma mi rendo anche conto che questo libro non mi ha entusiasmato. Per quanto si lasci leggere senza nessuna difficoltà. Bukowsky scrive bene. Molto bene. Parla dei poveracci che non hanno conosciuto il Sogno Americano. O forse vuole solo dire che il Sogno Americano non c'è. Questo libro è articolato in una ventina di racconti, alcuni dei quali autobiografici. Qualcuno è surreale. Il filo conduttore che li unisce tutti, oltre al sesso e all'alcool, è secondo me l'emarginazione, o forse dovrei dire l'estraneità al mondo "bene". Unica via di salvezza alla conformazione ai dettami di una società senz'anima è la degradazione totale, perseguita essenzialmente per via alcolica, ma non solo. Un cammino autodistruttivo che viene percorso da soli: altra caratteristica comune a tutti i racconti è la disperata solitudine dei protagonisti. Certe scene tratteggiate da Bukowsky sono ributtanti, nel loro assoluto squallore senza possibilità di redenzione. In particolare il racconto dello stupro di una ragazzina mi ha disturbato. Forse è questo aspetto del lavoro di Bukowsky che mi ha dato più fastidio: la ricerca della degradazione totale a qualsiasi costo. Mai un raggio di sole. Un'autore dal mio punta di vista difficile. Questo libro mi ha comunque lasciato il desiderio di leggerne altri del vecchio Bukowsky. Con calma, però.

sabato 15 dicembre 2007

Un pensiero di Charles Bukowsky sulla vita.

Ho trovato in rete questa perla di saggezza di Charles Bukowsky, che dà un'idea del suo modo di vivere la vita.

"Ecco il problema di chi beve, pensai versandomi da bere.
Se succede qualcosa di brutto, si beve per dimenticare;
se succede qualcosa di bello si beve per festeggiare:
se non succede niente si beve per far succedere qualcosa.

Charles Bukowsky."

Riassumo: si beve sempre. Qualsiasi cosa succeda.

venerdì 14 dicembre 2007

...Charles Bukowsky... ehm... sono alquanto perplesso...

Continua la lettura del libro "Compagni di sbronze", dello scrittore Charles Bukowsky. Un paio di racconti al giorno. A piccole dosi. Tra sbronze colossali, stupri di minorenni, pestaggi gratuiti, vomitate pazzesche, rottami umani di vari tipo non è che ci sia molto da ridere. Mah! Forse ho scelto il libro sbagliato di questo autore, ma non è che questo mi faccia sognare...

giovedì 13 dicembre 2007

Charles Bukowsky, uno stile a dir poco disinvolto.

Daniele Luttazzi è stato censurato su La7 per la presunta volgarità della sua trasmissione. Ecco un brano tratto dal libro "Compagno di Sbronze", di Charles Bukowsky. Assicuro che c'è molto di più esplicito, ho scelto un pezzo abbastanza castigato.

"Dan riattaccò. squillò un altro telefono. "vai in culo brutta figlia di puttana, hai le punte dei capezzoli che puzzano perfino più degli stronzi di cane umidi al vento di ponente." riappese e sorrise. si avvicinò a Bagley e lo fece uscire dalla macchina. chiusero l'ufficio a chiave e scesero insieme le scale. quando scesero sul marciapiede il sole era alto e prometteva bene. si riusciva a vedere bene sotto le gonne di cotone leggero. si riusciva quasi a vedergli le ossa. Los Angeles, tra la settima strada e Brodway, l'incrocio dove i cadaveri si abbracciavano ai cadaveri senza neanche sapere perchè. era un giochetto che sapeva di imparaticcio come saltare la corda o vivisezionare rane o pisciare nella cassetta delle lettere o far seghe a un cucciolo di cane."

Se Luttazzi è stato censurato, allora Bukowsky - applicando lo stesso metro - andrebbe impalato vivo sulla piazza...

mercoledì 12 dicembre 2007

Dubbio amletico.

Sono molto indeciso. Che faccio? La censura mi fa ribrezzo. Penso a Luttazzi, defenestrato a calci da La7. Forse per qualche insulto di troppo. Molto più probabilmente perchè in procinto di fare satira sull'ultima enciclica del Papa. Ripeto, la censura mi fa schifo.
Però il livello dello spam nei commenti del mio blog ha superato il limite di guardia. Sono molto indeciso. Censurare o non censurare??! Spero che il sonno porti consiglio.

martedì 11 dicembre 2007

Charles Bukowsky, ovvero l'esaltazione del degrado umano.

Ho comincato a leggere il libro "Compagno di sbronze", dello scrittore americano Charles Bukowsky. E' formato da una ventina di racconti brevi. Alcuni sono molto surreali, altri sono fortemente ironici, qualcuno è quasi ributtante per gli argomenti trattati. Abbastanza vario il modo di scrivere, unico minimo comun denominatore: il degrado totale dell'essere umano.

lunedì 10 dicembre 2007

Un'altro libro, un'altra storia.

Per la prossima lettura ho deciso un cambiamento radicale. Dopo la dolorosa immersione nella triste realtà della guerra in Afghanistan, ho preso in mano la lista dei libri da leggere. L'occhio è caduto su Charles Bukowski. Ne ho sentito parlare mille volte, è citato da tutti, ma non ho mai letto niente di questo autore. Per saggiarlo ho scelto uno dei suoi libri che lo hanno lanciato. Si tratta di "Compagni di sbronze". Quando ho letto il titolo, non ho potuto reprimere un sorriso, pensando alle incredibili (ma godibilissime) polemiche sorte in questo blog a proposito di Mauro Corona. Vedremo.

domenica 9 dicembre 2007

Recensione del libro "Buskashì. Viaggio dentro la guerra", di Gino Strada.

Complimenti a Gino Strada. Questa è la prima cosa che mi viene da dire. Non solo per avere scritto questo libro, ma per tutto quello che ha fatto. Come noto Gino Strada è un chirurgo di guerra, tra i fondatory di Emergency. Non sapevo che avesse scritto dei libri, ma devo dire che per me è stato una sorpresa come scrittore. Perchè scrive bene. Uno stile asciutto, diretto, un taglio giornalistico, lasciando però spazio a interessanti riflessioni.
Questo libro è di fatto il diario di viaggio di un gruppo di medici di Emergency che entra in Afghanistan per riaprire un ospedale a Kabul, allora controllata dai Talebani. Il tutto pochi giorni prima dell'offensiva dei Mujahidin (appoggiati dagli States), seguito ai tragici fatti dell'11 settembre 2001. In seguito al previsto attacco, tutte le organizzazioni umanitarie, Croce Rossa in testa, scapparono dal martoriato Afghanistan. Emergency invece ci entrò. Una scelta coraggiosa, al limite del suicidio. Al di là della mera cronaca dei fatti, il libro è un'amara riflessione sull'assurdità della guerra, sulle atroci sofferenze che questa porta alla popolazione, civili in testa. Ed è anche un'amara riflessione sull'incongruenza dell'informazione che ci viene fornita dai media, sull'inconsistenza del concetto di "guerra giusta", di "bombe intelligenti" e altre amenità che ci vengono quotidianamente propinate. Alla fine rimane una terra martoriata, quella dell'Afghanistan, contesa da più parti per sporchi interessi che nulla hanno a che fare con la popolazione locale. Un bel libro. Grazie Gino.

sabato 8 dicembre 2007

La guerra è una cosa brutta.

Ho appena terminato la lettura del libro "Buskashì. Viaggio dentro la guerra", di Gino Strada. Uso il laconico commento fatto da Piero a un mio post per riassumere il pensiero di Gino sulla guerra. Una condanna in toto, non solo alla guerra nella sua accezione di scontro tra armati, ma a tutto quello che le ruota intorno. Distruzione, miseria, malattie, morti e feriti principalmente tra i civili, sfollati, torture, disinformazione, meschini interessi paludati da nobili ideali. Da ogni pagina di questo libro trasuda una condanna senza compromessi o distinguo nei confronti di questa terribile realtà. Provo una profonda ammirazione nei confronti di questo uomo, che rischia la pelle ogni giorno per difendere concretamente gli ideali in cui crede. E esprime chiaramente il suo pensiero, senza peli sulla lingua. Grande Gino Strada.

venerdì 7 dicembre 2007

I Talebani sono un tipico prodotto americano.

Continua la lettura del libro "Buskashì. Viaggio dentro la guerra", di Gino Strada. Col suo linguaggio freddo e immediato Gino ci ricorda che il regime talebano è stato fortemente voluto dagli statunitensi come antidoto all'invasione sovietica in Afghanistan. Oggi pochi se ne ricordano. Adesso i Talebani sono il male assoluto. Un tempo non era così...

giovedì 6 dicembre 2007

Il pensiero di Gino Strada sulla guerra.

Continuo la lettura del libro "Buskashì. Viaggio dentro la guerra", di Gino Strada. Oggi sono stato molto colpito da due pagine, dove l'autore espone in modo splendido il suo pensiero sulla guerra, contestualizzandolo nella realtà afgana. Ne cito un estratto:

"...
E'lui, Platone, ad attribuire al sofista Trasimaco la seguente frase: "Il giusto altro non è che l'utile del più forte".
E' stata scritta venticinque secoli fa.
Se capisco bene, Trasimaco vuol dire che tutto quello che viene presentato come assoluto, il "giusto" - ma potrebbe anche essere la "verità", o la "libertà", o la "democrazia" - non è poi quella cosa certa, perfetta, immutabile, indiscutibile.
...
Che cosa c'entra questo con la guerra? Molto.
Perché è proprio il negare l'evidenza di Trasimaco - nascondendo a tutti i costi dietro sommi principi e parole roboanti il fatto che stiamo solo facendo il nostro interesse - che ci fa poi sentire portatori della verità, depositari dell'assoluto, paladini del bene, giudici supremi, baluardi della civiltà, gendarmi del mondo.
Se dimentichiamo Trasimaco, se lo censuriamo, allora ci sentiamo nel giusto, anzi nel Giusto. E anche le nostre azioni, almeno ai nostri occhi, troveranno giustificazione. Di più: saranno giuste.
In Afghanistan molti esseri umani sono morti, perché a molti è stato utile, e perché molti si sono sentiti nel giusto.
...
Mentre tutti agivano nel giusto, per la causa, i cittadini dell'Afghanistan venivano uccisi. Quasi due milioni. Mutilati e invalidi, altrettanti. Costretti a fuggire, oltre quattro milioni.
...
E allora, nonostante tutti abbiano agito in difesa della civiltà o della libertà, della religione e della patria, del mercato e della democrazia, nonostante tutti abbiano agito per il "giusto", non è stato giusto."

mercoledì 5 dicembre 2007

Reportage di guerra.

Ho cominciato la lettura del libro "Buskashì. Viaggio dentro la guerra", di Gino Strada, il famoso chirurgo di guerra tra i fondatori di Emergency. Un libro crudo, realista. Posto un brano tratto dallo stesso:

"Gafur non sta più perdendo sangue, ha già ricevuto abbondanti trasfusioni. Ma non migliora. E' il primo paziente che viene operato, dopo la riapertura dell'ospedale. Una pinza emostatica, poi un'altra, tanti lacci da annodare, per legare decine di piccoli vasi sangiugni. Opero in silenzio, lo strumentista capisce ogni volta quel che mi serve.
Gafur. Un civile? Un talebano? Un terrorista? Un mujahedin?
Soltanto un uomo.
Che probabilmente morirà oggi, 13 novembre, prima vittima nella Kabul "liberata", una delle tante vittime di questa storia cominciata il 9 settembre 2001"

martedì 4 dicembre 2007

Per il momento basta con la fiction.

Il prossimo libro che leggerò sarà "Buskashì. Viaggio dentro la guerra", di Gino Strada. L'ho comprato al supermercato. Per caso. Stavo girando col carrello, quando con la coda dell'occhio l'ho notato in offerta su un bancone. Non sapevo che Gino Strada, il famoso chirurgo di guerra tra i fondatori di Emergency, avesse scritto dei libri. Colpito da subitanea folgorazione, l'ho preso all'istante. Ovvio che non ho nessuna pretesa letteraria nei confronti dell'autore. Leggere notizie di prima mano di una realtà lontana e misconosciuta - la guerra in Afghanistan - è un'opportunità che ho voluto cogliere al volo. Specie se queste notizie vengono da una fonte qualificata come è Gino Strada. Dopo tanti libri di fiction, un sano bagno nella cruda realtà ci vuole.

domenica 2 dicembre 2007

Recensione del libro "Kitchen", di Banana Yoshimoto.



Leggere questo libro è stato veramente molto piacevole e stimolante. Considerando inoltre che si tratta del libro d'esordio di questa scrittrice giapponese (la prima pubblicazione in Italia risale al 1991), devo dire che ho veramente voglia di leggerne altri. E' diviso in tre racconti, ma questo fatto non toglie nulla alla qualità dello scritto. Siamo infatti a livelli enormemente più alti rispetto ai raccontini di Mauro Corona. Innanzitutto lo stile. Un modo di scrivere semplice e immediato, lontano anni luce dai contorsionismi stilistici di Tullio Avoledo, ma mai banale o scontato. Banana Yoshimoto usa con grande maestria efficaci e brevi descrizioni degli ambienti per descrivere l'evoluzione dello stato d'animo dei personaggi, e sa rendere sempre interessante il racconto grazie a continui salti spazio temporali, sempre all'interno di un quadro molto coerente. Grande è inoltre la sua capacità di giocare con diversi generi letterari (romanzo rosa, fantasy, thriller, diario intimistico) mantenendoli però all'interno di una struttura nel complesso molto agile e godibile. Volendo fare un confronto con "L'elenco telefonico di Atlantide", devo dire che dove Avoledo ha fallito miseramente (assemblando un caotico guazzabuglio privo di ritmo e omogeneità), Banana Yoshimoto ha centrato pefettamente nel segno. La scrittrice giapponese infatti privilegia un approccio emotivo e intimistico, quindi non necessita di pesanti sovrastrutture razionali a giustificare quello che (tra l'altro) non può essere neanche giustificato.
I primi due racconti hanno come protagonista una giovane donna, Mikage Sakurai, recentemente rimasta sola al mondo in seguito al decesso della nonna. I due racconti (il secondo è il logico proseguimento del primo) possono essere sinteticamente riassunti come la nascita di una storia d'amore tra Mikage e un ragazzo, Yuichi. Una unione di due solitudini. L'amore di Mikage per la cucina agisce come tema di raccordo nella trama e come occasione per descrivere gli stati d'animo dei vari personaggi. La storia è estremamente intimistica e vagamente onirica, un velo di tristezza infinita sembra permeare tutto. La leggerezza e la poesia usata dalla Yoshimoto per descrivere situazioni di per sè molto negative è magistrale. La scrittrice inoltre gioca molto con il concetto di famiglia e con i ruoli maschile e femminile, senza mai cadere nella volgarità o nel banale. Grande.
L'ultimo racconto, "Moonlight Shadows", è secondo me un piccolo capolavoro. La storia è ancora più triste. La protagonista è Satsuki, un ragazza. Ha di recente perso in un tragico incidente stradale il suo ragazzo. Assieme a lui è morta anche la ragazza del fratello minore di questi. Satsuki incontra una ragazza, Urara, che le permette (sfruttando una rarissima aberrazione spazio temporale), di godersi un ultimo addio col proprio ragazzo. Contemporaneamente, nasce una profonda amicizia tra Satsuki e il fratello minore del defunto. Detta così può sembrare una storia assurda o stupida, ma la capacità della Yoshimoto di descrivere gli stati d'animo e i pensieri di Satsuki è magistrale.
Un ultima considerazione. Il libro è abbastanza corto. Circa 150 pagine. Tuttavia questo fatto è ininfluente dal punto di vista della qualità. I tre racconti sono tutti autonomi e compiuti. Non si percepisce alcun taglio (a differenza del libro "Vukovlad. Il signore dei lupi" dello scrittore Paolo Maurensig), e sono pefettamente coerenti e omogenei dal punto di vista dello stile e dei contenuti (a differenza del libro "L'elenco telefonico di Atlantide", dello scrittore Tullio Avoledo). Inoltre lo stile è talmente superiore a quello di Mauro Corona che credo non abbia senso fare un confronto. Insomma, visto che su Federico Moccia stendo un velo di pietoso silenzio, "Kitchen" di Banana Yoshimoto è il migliore dei cinque libri che ho letto da quando ho aperto il blog.

Lettura finita.

Oggi ho terminato la meditata lettura del libro "Kitchen", della scrittrice giapponese Banana Yoshimoto. Una bella esperienza. Sto raccogliendo le idee per scrivere la recensione. Intanto posto alcuni brani tratti dal postscriptum:

"Conquistare e crescere: credo che in queste due azioni sia scritta la storia spirituale di ognuno, con tutte le sue speranze e potenzialità. Ci sono tanti amici, tante persone che conosco che vanno sempre più avanti, lottando con la vita di ogni giorno come sanno, con impeto o con dolcezza. Questo mio primo libro è dedicato a tutti loro.
L'ho scritto mentre facevo la cameriera in un locale.
...
E poi vorrei dire a tutte le persone sconosciute che leggeranno questo mio primo, immaturo lavoro, che se li facessi sentire anche solo di un pochino più sollevati, non ci potrebbe per me gioia più grande. In attesa di ritrovarci la prossima volta, vi auguro con tutto il cuore ogni felicità."

sabato 1 dicembre 2007

Banana Yoshimoto, una grande scrittrice.

Banana Yoshimoto mi sta facendo sognare. Il suo libro "Kitchen" è veramente ben fatto, per alcuni aspetti geniale. Uno stile fresco e coinvolgente, mai banale. Mi ha molto colpito da un lato il linguaggio molto semplice usato dalla Yoshimoto, dall'altro la sua abilità a cambiare continuamente piani spaziali e temporali. Un libro molto intimistico, ricco di riflessioni. Pur essendo abbastanza corto (148 pagine nell'edizione Universale Economica Feltrinelli), sto impiegando più tempo del previsto a terminare la lettura. Questo per mia scelta personale, perché voglio gustare il piacere di rileggere le pagine che più mi hanno colpito. Cito un brano, per rendere meglio l'idea dello stile della Yoshimoto:

"... ognuno di noi pensa di avere molte strade e di potere scegliere da sé. Ma forse sarebbe più esatto dire che sogna il momento di scegliere. Anche per me è stato così. Ma ora lo so. Lo so con tanta chiarezza da poterlo mettere in parole. La strada è sempre decisa, non però in senso fatalistico. Sono il nostro continuo respirare, gli sguardi, i giorni che si succedono a deciderla naturalmente. Così a qualcuno può capitare di trovarsi, come se fosse la cosa più normale del mondo, in pieno inverno dentro una pozzanghera su un tetto in un paese sconosciuto, a guardare il cielo notturno insieme a un katsudon*.
"Ah, com'è bella la luna!"
Mi rimisi in piedi e bussai alla finestra di Yuichi."

* Il katsudon è un cibo giapponese.

giovedì 29 novembre 2007

Banana Yoshimoto, prime impressioni.

Proseguo nella lettura del libro "Kitchen", di Banana Yoshimoto. Nella sua splendida semplicità è secondo me una riflessione sulla solitudine. Gran bel libro.

mercoledì 28 novembre 2007

Banana Yoshimoto, primissime impressioni.

Purtroppo la giornata è stata intensa. Ho letto solo poche pagine del libro "Kitchen", della scrittrice giapponese Banana Yoshimoto. Prima di crollare, mi sono trascinato al pc per srivere le primissime impressioni. Il libro è scritto in maniera molto scorrevole, oserei dire splendida per la sua semplicità, senza però mai cadere nel linguaggio elementare e scontato alla Mauro Corona. L'atmosfera è surreale, malinconica. Devo ancora entrare nel vivo della storia, ma le premesse sono ottime.

martedì 27 novembre 2007

Il prossimo libro.

Piccola analisi serale dei libri letti da quando ho aperto il blog. Sul primo, "Tre metri sopra il cielo", di Federico Moccia, non ho intenzione di sprecare altre parole. Poi è stato il turno di tre scrittori friulani: Mauro Corona, Tullio Avoledo e Paolo Maurensig. Su Mauro Corona c'è poco da dire. Anzi, non c'è nulla da dire. Un pietoso silenzio mi sembra d'obbligo. Tullio Avoledo ha anche delle belle idee, ma su come le utilizzi meglio lasciare perdere. Paolo Maurensig è un buon scrittore, ma attualmente lavora in modalità energy saving. Certo queste mie opinioni sono discutibili e derivano dall'analisi di un solo libro per autore, sta di fatto che sono abbastanza deluso dalle letture nostrane. Sento quindi il bisogno di girare pagina. Di guardare altrove. Verso altre realtà, altri continenti, altre culture. Con tutto rispetto per i boschi di Erto, dove vaga felice il buon vecchio Mauro Corona, bottiglione in mano e doppietta sotto il braccio. Ho guardato la lista chilometrica dei libri da leggere. L'occhio mi è caduto su Banana Yoshimoto. E' una scrittrice giapponese molto famosa della quale non ho mai letto niente. Ho deciso di riempire questa lacuna, comprando il suo libro d'esordio, "Kitchen". Si vedrà.

lunedì 26 novembre 2007

Recensione del libro "Vukovlad. Il signore dei lupi", di Paolo Maurensig.


Comincio con due parole sulla trama. Il tenente polacco Emil Ferenczi si trova assieme al suo reparto in una sperduta landa sui monti Tatra. Siamo nel 1939 e le truppe tedesche sono alle porte. Si respira nell'aria la tensione per lo scontro imminente. Le truppe polacche presidiano un villaggio e il castello del magravio del luogo. Emil si rende ben presto conto che i contadini sono terrorizzati da strane leggende sui lupi mannari e temono il magravio come il demonio. Un finale pittosto sfilacciato lascerà le cose abbastanza indefinite. Il lupo mannaro era veramente una manifestazione del soprannaturale o ci sono delle spiegazioni razionali ai timori degli abitanti? Chi lo sa.
Paolo Maurensig scrive molto bene, in modo accattivante. Lontano anni luce dai contorsionismi stilistici di Avoledo, dai raccontini delle elementari di Corona o dal marketing pacchiano di Moccia. Niente da dire da questo punto di vista. Anzi. La storia poi comincia bene. Si crea una notevole aspettativa nei confronti dei fatti strani che si verificano a mano a mano che Emil si addentra nella natura selvaggia dei monti Tatra. La tensione raggiunge l'apice quando il reparto si installa nel castello del magravio e Emil si trova costretto a passarvi la notte. Tuttavia il finale lascia veramente perplessi, tagliando di netto tutta la tensione e lasciando in sospeso tutte le interessanti disquisizioni filosofiche presenti nel libro. Un vero peccato. Alla fine rimane un racconto breve - 109 pagine in tutto - e una bella copertina. Troppo poco per 12 euro. Sembra quasi che Maurensig abbia dovuto scrivere qualcosa, pressato dall'editore. Però dopo un centinaio di pagine si è stufato, e ha tagliato il tutto con l'accetta. Ripeto: un vero peccato. Perchè questo scrittore ha del talento.

sabato 24 novembre 2007

Un brano che fa riflettere.

Mentre raccoglievo le idee sul libro "Vukovlad. Il signore dei lupi", dello scrittore Paolo Maurensig, mi è tornato in mente un brano che mi ha fatto riflettere. Lo cito:

"Le tradizioni popolari sorgono in una maniera che ci rimane oscura, eppure si perpetuano nei racconti che i genitori fanno ai figli, e i nonni ai nipoti, di generazione in generazione. I protagonisti di questi racconti sono sempre personificazioni del Male: lupi mannari, vampiri, orchi, streghe e spettri - tutte creature maligne. Come nascono? Da che cosa traggono forza per crescere nella mente umana? Mente che, a quanto sembra, è un'unica feconda matrice."

Il tema del Male e delle sue origini è sempre affascinante. Chiaro che questo autore è una spanna sopra l'inutile Federico Moccia o a Mauro Corona. Paolo Maurensig è secondo me il migliore dei quattro scrittori che ho letto da quando ho aperto questo blog.

venerdì 23 novembre 2007

Lettura finita.

Prima di andare a dormire ieri ho deciso di leggere almeno una decina di pagine del libro "Vukovlad. Il signore dei lupi". Tanto per avere un'idea non dico della storia nel suo complesso ma almeno del modo di scrivere di Paolo Maurensig. Risultato finale: in neanche quaranta minuti ho letto il libro. Tutto. Bellino, anche se troppo corto. Cito una frase:

"Credo non vi sia nulla, come l'isolamento in mezzo a una natura selvaggia, in grado di alimentare la paura del Male."

Quando l'ho letta non sono riuscito a reprimere un sorriso. Ciò che terrorizza il protagonista del libro di Maurensig è invece un balsamo vitale per Mauro Corona. Eterna ambiguità della natura umana.

Preso il prossimo libro.

Oggi ho comprato il prossimo libro che leggerò. Il quarto da quando ho aperto questo blog. Si tratta, come avevo anticipato, di "Vukovlad. Il signore dei lupi", dello scrittore Paolo Maurensig. E' uno scritto incredibilmente corto, 109 pagine in tutto. Credo che lo leggerò domani.

giovedì 22 novembre 2007

Come utilizzare un libro - seconda puntata.


Bene. Visto l'eccezionale successo riscosso dalla prima puntata, eccoci subito arrivati alla seconda. In questa umida e fredda serata invernale, niente di meglio che scaldarsi davanti a un bel focherello. Purtroppo la carta è finita, ma mi viene in soccorso il buon Mauro Corona, l'ineffabile uomo di legno. Il suo libro "Gocce di Resina" sembra quasi fatto apposta per innescare la fiamma salvatrice. Grazie Mauro!

martedì 20 novembre 2007

Come utilizzare un libro - prima puntata.

Bene. Con il presente inauguro una serie di post dedicata ai possibili usi dei libri. Ogni libro ha l'uso che si merita, ovviamente. Comincio con "Tre metri sopra il cielo", dello scrittore Federico Moccia. L'uso più opportuno di questo scritto mi sembra quello di reggere una gamba di un vecchissimo tavolo da lavoro che ho in garage. La gamba era più corta delle altre, ma adesso non balla più.

Non mi ringraziare, caro Federico Moccia. Lo ho fatto volentieri. Adesso il libro che hai scritto serve a qualcosa. Volevo buttarlo nel pattume, ma per rispetto nei confronti del pattume mi sono trattenuto.

lunedì 19 novembre 2007

Individuato il prossimo libro da leggere.

Bene. Dopo attenta riflessione ho scelto il prossimo libro da leggere. Voglio rimanere su scrittori nostrani e contemporanei, possibilmente non di fama eccelsa. Quindi la mia attenzione è caduta su "Vukovlad. Il signore dei lupi", dello scrittore Paolo Maurensig. La storia, a metà strada tra il fantasy e l'horror, mi intriga. In giro se ne parla benino. Vedremo. Speriamo bene.

domenica 18 novembre 2007

E adesso?!

Bene. O forse dovrei dire male. Terminata la lettura dell' "Elenco telefonico di Atlantide" dello scrittore friulano Tullio Avoledo, scritta la sua recensione, rimane da decidere quale sarà la prossima lettura. Ho già alcune idee. Visti però i pacchi presi da quando ho aperto questo blog, credo proprio che mi prenderò un paio di giorni per ponderare la scelta.

sabato 17 novembre 2007

Recensione del libro "L'elenco telefonico di Atlantide", di Tullio Avoledo.

Che dire. Lo scrittore friulano Tullio Avoledo mi ha molto deluso. Secondo me siamo a un livello superiore rispetto al vuoto pneumatico di Federico Moccia e ai pietosi raccontini di Mauro Corona. Ma non ho vista niente dell'aura di genialità che molta critica ha dipinto attorno a questo autore. Anzi. La prima cosa da dire è che il libro NON ha una struttura omogenea. Pare quasi che sia stato scritto da diverse persone. Cominciamo dallo stile. Le prime duecento pagine sono molto pesanti, con una scrittura ricercata, quasi barocca, gonfia di citazioni di ogni tipo. A mano a mano che la storia si sviluppa la scrittura diventa più leggera, alle volte godibile. Sembrerebbe quasi che la prima parte sia stata abbondantemente rimaneggiata dall'editor per supplire con la forma ciò che manca nella sostanza. La prima parte del libro è infatti abbastanza "piatta" dal punto di vista dello sviluppo della storia, quasi banale. Avoledo cerca di renderla interessante con dei dialoghi e delle situazioni che vorrebbero essere divertenti, ma non mi sembra abbia raggiunto lo scopo. Poi la storia cambia piega. Non c'è più solo un bancario con problemi familiari e una ristrutturazione aziendale che minaccia il suo posto di lavoro. Emergono lentamente elementi inquietanti, in un sincretico intreccio di società segrete, hackers, entità soprannaturali, universi paralleli e quant'altro. Di per sé tutto questo è abbastanza interessante, il problema è che tutti questi elementi non giungono MAI a formare un quadro d'insieme comprensibile. Avoledo cerca di uscire dal vicolo cieco in cui si è inserito con un finale assurdo, che non dico per non rovinare tutto a chi volesse leggere il libro. Secondo me è proprio il finale a dare il colpo di grazia a questo libro. Alla fine rimane una storia confusa, oserei dire quasi raffazzonata, che lungi dall'essere un "nuovo" stile è in realtà un guazzabuglio indecifrabile, quasi risibile. Il fatto che alla fine Avoledo dedichi due intere facciate di ringraziamenti a chi lo ha aiutato, se da un lato fa onore alla sua onestà intellettuale, dall'altro rende l'idea di cosa è probabile sia successo. Un overdose di editing. Troppe mani hanno lavorato su questo libro. Comunque resta il fatto che secondo me il buon Avoledo si è divertito parecchio nello scrivere. Il protagonista, Giulio Rovedo, è evidentemente un'immagine autobiografica dello stesso Avoledo. Anche lui bancario, anche lui in contatto con molti scrittori internazionali...
Peccato. Alcune idee che avuto Avoledo erano ottime. Altre meno. Purtroppo ha fallito completamente nel tentativo di metterle insieme. Comunque onore al merito. Almeno ha provato a fare qualcosa di diverso nella sua vita.

venerdì 16 novembre 2007

Lettera aperta agli spammers e troll di questo blog.

Grazie di cuore, amici! Grazie agli Amici di Mauro Corona, grazie ai "veri" amici di Mauro, grazie al vero Celto, e un caldo benvenuto anche all'ultimo arrivato, l'Imparziale. Siete magnifici. E pensare che accarezzavo l'idea di moderare i commenti di questo blog! Continuate così: quando arrivo a casa la sera, stanco dopo una giornata di lavoro, leggere le vostre cazzate da competizione è meglio di guardare Zelig! Continuate così!

giovedì 15 novembre 2007

Mauro Corona vs Tullio Avoledo.

Anche questa sera ho miseramente fallito nel tentativo di fare la recensione del libro "L'elenco telefonico di Atlantide", dello scrittore friulano Tullio Avoledo. Mi sono piantato nel tentativo di classificare il genere di questo romanzo. Fantascienza, fantasy, o che altro?! Bho! Comunque una cosa è certa: il buon Tullio almeno ha provato a scrivere una storia di 500 pagine. Cercando una difficile commistione tra vari generi. Ci ha provato. Almeno si è divertito. Il buon Mauro, invece, si è limitato a scrivere una serie di raccontini (la maggior parte dei suoi libri sono proprio questo: una serie di raccontini), descrivendo il suo mondo natale. O presunto tale. Fermo restando il rispetto dovuto a quanto successo nel Vajont, il mondo descritto da Mauro Corona è una ben triste realtà. Almeno Tullio Avoledo ha cercato di riscattarsi con la fantasia. Onore al merito.

mercoledì 14 novembre 2007

Serata fiacca.

Stasera sono tornato tardi dal lavoro. Stanco morto. Mi sono rinfrancato leggendo i deliri che gli amici di Mauro Corona e il vero celto (?!) hanno scritto a commento dei post precedenti. Ormai siamo alle comiche, ho sbaccanato per mezz'ora, con le lacrime agli occhi. E io che volevo anche cancellare i loro post!! Scrivete, scrivete pure, poveri pagliacci. Le vostre cazzate pazzesche mi rinfrancano il cuore. Comunque di scrivere la recensione del libro "L'elenco telefonico di Atlantide" non se ne parla. Cena e nanna.

martedì 13 novembre 2007

Lettura finita.

Stasera ho terminato di leggere "L'elenco telefonico di Atlantide", dello scrittore friulano Tullio Avoledo. Il finale è devastante. Mamma mia. Non ho parole. Al pensiero di dover scrivere una recensione di questo libro - perché la DEVO scrivere, visto che questo è lo scopo del blog - mi viene male. Va beh, dormiamoci sopra, che è meglio.

lunedì 12 novembre 2007

A proposito di Celti...

La lettura del libro "L'elenco telefonico di Atlantide" dello scrittore friulano Tullio Avoledo continua. In una scena compare l'assessore alla cultura celtica, tal Mondonico, accompagnato dal suo segretario Santanataro. Questi due contendono ad inviati della Curia lo sfruttamento di una (presunta) fonte miracolosa. La competizione per il monopolio della verità tra le due fazioni è abbastanza piacevole e Avoledo mi sembra si diverta a prendere per i fondelli entrambe le fazioni. Tra l'altro sono da notare i cognomi non proprio settentrionali dei due difensori della tradizione celtica.
Resta il fatto che mancano poche pagine per terminare il libro e ancora non si capisce dove voglia andare a parare la storia nel suo insieme. A meno di non trovare un finale incredibile, capace di coagulare in un quadro coerente il tutto, di questo libro rimane un collage incoerente di idee (alcune delle quali però buone) messe insieme col badile. Mah.

domenica 11 novembre 2007

Tullio Avoledo: belle idee, uno stile discutibile.

Ieri ho letto un'altro un altro centinaio di pagine del libro "L'elenco telefonico di Atlantide", dello scrittore friulano Tullio Avoledo. La lettura è stata rapida e piacevole, lo stile barocco che l'autore usava (o che gli hanno fatto usare) nella prima parte del libro si è molto attenuato, inoltre si comincia a capire qualcosa della storia. Un curioso sincretismo tra religioni orientali, oscure organizzazioni criminali, universi paralleli e banalità quotidiane. Interessante. Tullio Avoledo secondo me si è divertito a scrivere questo libro. Almeno nella sua stesura originale. Probabilmente è stato poi l'editor ad appesantire inutilmente il romanzo aggiungendo troppi ammennicoli, inseguendo un'autolesionistica originalità dello stile. Peccato.

sabato 10 novembre 2007

Pensierino del giorno.

In un commento a un post precedente un utente anonimo mi ha consigliato di ripulire il blog dalla spazzatura postata dai fantomatici amici di Mauro Corona e altri poveri cialtroni che spammano e trolleggiano su questo sito. Ringrazio per il suggerimento, ma mi sembra che censurare un blog sia un po' una contraddizione in termini. Almeno per il momento.
In questi giorni sono stato molto impegnato, ma spero nel weekend di riuscire a finire la lettura del libro "L'elenco telefonico di Atlandide" dello scrittore friulano Tullio Avoledo.

mercoledì 7 novembre 2007

Lettera aperta ai fantomatici amici di Mauro Corona.

Cari fantomatici amici di Mauro Corona, dovete finirla di spammare e trolleggiare sul mio blog. Mi avete francamente fracassato i maroni. A me lo scrittore Mauro Corona non piace. E' vero, di lui ho letto solo "Gocce di Resina", ma mi è bastato. Almeno per il momento. Lo trovo uno scrittore altamente mediocre, sia nella forma che nei contenuti. Certo, per quanto riguarda i contenuti è secondo me forse sopra Federico Moccia, che scrive puro pattume, ma le sue storielle a me non dicono molto. In più descrivono un mondo secondo me triste e squallido. Mauro Corona è uno scrittore friulano. A me questo scrittore non piace, ma questo non significa nel modo più assoluto che io disprezzi la sua terra e i suoi valori, ci mancherebbe altro. Ma poi, quali sarebbero questi grandi valori che io calpesterei esprimendo opinioni personali sul modo di scrivere di uno scrittore?!?! E poi tutte quelle palle sui miei presunti amici no global e neopagani, ma con cosa vi drogate?!?! Insomma, smettetela di scrivere cazzate spaziali sul mio blog e vedete di andare a farvi un giro altrove. Mi avete a tal punto rotto i coglioni che adesso per un paio di giorni non posterò. Nel frattempo spero di riuscire a finire di leggere "L'elenco telefonico di Atlandide", dello scrittore Tullio Avoledo.

martedì 6 novembre 2007

Tullio Avoledo, guarda che gli uccelli non partoriscono.

Cito letteralmente pag 87 dell'edizione Einaudi Tascabili dell' "Elenco telefonico di Atlantide":

-Quell'uccello cos'è?- Domanda Nat più tardi, indicando fuori dalla finestra del salotto.
-Quale?
-Quello sul pino dell'americano
-E' un merlo maschio
-Cos'ha in bocca? Un rametto?
-Sì. Sta costruendo il nido. Probabilmente la sua compagna sta per partorire.
-Ed è il maschio che le prepara il nido

Ricordo che gli uccelli nascono dalle uova. Sono invece i mammiferi che partoriscono.

domenica 4 novembre 2007

Tullio Avoledo, un modo di scrivere veramente molto strano.

Oggi ho continuato la lettura del libro "L'elenco telefonico di Atlandide" dello scrittore friulano Tullio Avoledo. Ormai ho superato un terzo delle pagine (circa 200 su 500 totali), tuttavia la storia complessiva stenta a prendere forma. Si comincia a capire che dietro al gruppo finanziario che sta organizzando la fusione bancaria c'è una non meglio precisata organizzazione criminale. O forse una setta. Tuttavia il quadro complessivo non è affatto chiaro. Sempre più chiaro è invece lo stile dell'autore, molto arzigogolato e ricercato nei minimi dettagli. Tuttavia mi rendo conto che non è facile per chi legge questo post capire il mio pensiero. Ho quindi deciso di citare direttamente Tullio Avoledo, copiando una frase secondo me significativa (dal punto di vista stilistico) del primo capitolo. Chi fosse interessato può andare sul sito Sironi Editore, dove è possibile scaricare un file in formato pdf contenente l'intero primo capitolo. Ecco la citazione :

"L'occhio destro dell'architetto è aperto su una venatura del marmo che ricalca esattamente il corso del Rio delle Amazzoni, con tutti gli affluenti di destra e di sinistra (Ucayali, Urujà, Purùs, Madeira, Tapajòs, Xingu, Maragnon, Japurà, Rio Negro): da ragazzino Fabrici lo conosceva a memoria come le formazioni storiche del Grande Torino."

Chiedo scusa per gli errori fatti nello scrivere i nomi degli affluenti del Rio delle Amazzoni, ma non so come inserire i caratteri speciali con questa piattaforma per blog. Comunque credo di avere reso l'idea. Sono colpito per la conoscenza della geografia di Tullio Avoledo, ma non so quanti di voi, guardando una lastra di marmo, pensino agli affluenti di un fiume, citandoli poi tutti. A me non è mai successo, neanche quando ero ubriaco disfatto.
Un altra caratteristica che mi ha colpito dello scrittore Tullio Avoledo è che cita continuamente canzoni, artisti e marche di vario tipo, ricordandomi per questo aspetto Federico Moccia. Per l'amor di Dio, questo è un'altro livello, Federico Moccia secondo me scrive puro pattume, però devo ammettere che mi è subito venuto in mente. Chiedo comunque scusa a Avoledo per averlo paragonato a Moccia. Mi rendo conto che questo accostamento per uno scrittore potrebbe anche essere considerato un insulto. Lungi da me questa idea. Si tratta semplicemente di una mia associazione mentale.
Spero nelle prossime pagine di riuscire a entrare nel vivo della storia, e che tutti i tasselli del mosaico comincino a dare un'idea della figura completa.

sabato 3 novembre 2007

Tullio Avoledo, uno strano modo di scrivere.

Oggi ho trovato finalmente il tempo di cominciare a leggere il libro "L'elenco telefonico di Atlandie", dello scrittore friulano Tullio Avoledo. Ho l'edizione Einaudi tascabile del 2003, non essendo riuscito a trovare la Sironi. Comunque questi sono dettagli. Il protagonista è Giulio Rovedo, responsabile dell'ufficio legale di un piccolo istituto di credito che viene assorbito da un colosso finanziario. Difficile non riconoscere un riferimento autobiografico, visto che Tullio Avoledo come noto lavora in un ufficio legale di una banca. Fin qua tutto bene. Il libro alterna la terza con la prima persona. Quello che non mi torna molto è lo stile dello scrittore, descrittivo, cesellato e stracolmo di citazioni e riferimenti vari. Fin anche troppo. E' un continuo elencare di marche, artisti, canzoni e quant'altro. Tutte queste citazioni mi distraggono dalla storia stessa. Ad esempio a un certo punto il protagonista parla di un videogioco, Close Combat 3. Un gioco di carri armati ambientato nella Seconda Guerra Mondiale. Il protagonista sceglie la seconda battaglia di Kursk e si gode le esplosioni dei carri Konigstiger colti di sorpresa. Ora, questo non è possibile. Perchè i carri Konigstiger comparvero per la prima volta sul fronte nel giugno del 1944, mentre la battaglia di Kursk è del luglio del 1943. Ad essa parteciparono, con risultati eccezionali, un piccolo gruppo dei leggendari carri Tiger, che fecero un'autentico massacro di carri russi, senza però riuscire a cambiare le sorti della battaglia, che segnò la fine dell'iniziativa tedesca sul fronte orientale. Tuttavia i carri Tiger NON sono i carri Konigstiger. Sono tutt'altra cosa. E chi se ne frega, direte voi. A me invece frega moltissimo. Se uno proprio divertirsi a fare citazioni ricercatissime, almeno le verifichi bene. Non bastava forse dire "carro armato"?! E no, Avoledo vuole anche specificare il modello. Va bene, almeno però verifica la congruità di quello che scrivi, caro Tullio. Non si sa mai che il libro venga letto da qualcuno che ne sa più di te. Altrimenti rimane il sospetto che gli arzigogoli barocchi abbiano l'unico scopo di sopperire a qualche altra mancanza. Tra l'altro il protagonista si lamenta che il gioco Close Combat finisce sempre con la sconfitta della Germania e quindi segnala via email il difetto alla Microsoft. A me risultava che la varie versioni di Close Combat siano state prodotte da Atomic Games e da Destineer Games. Mah. Le mie saranno solo seghe mentali, ma le citazioni o si fanno bene o non si fanno. Altrimenti servono solo a distrarre dal racconto. In ogni caso lo stile di Avoledo è veramente strano. Descrittivo fino alla nausea, stracolmo di citazioni e ricercato maniacalmente nella correttezza dei termini. In questo turbinio lessicale la storia si perde, stenta a prendere forma. Vedremo.

venerdì 2 novembre 2007

Halloween.

Bene. Non vorrei alimentare in questo post le assurde polemiche con i fantomatici amici di Mauro Corona, che continuano a perseguitarmi con i loro deliranti commenti. Poveracci. Forse nella festa di Ognissanti a Erto non si vende più vino e quindi il delirium tremens che caratterizza l'èlite culturale arroccatasi a difesa del Grande Maestro Mauro Corona disattiva gli ultimi neuroni rimasti a loro disposizione. Ringrazio comunque di cuore il prins, blogger che ho avuto il piacere di incontrare nel web, e bloggerforever, che per quanto anonimo condivide con il prins una visione del mondo basata sul reciproco rispetto e sulla netiquette. Grazie amici. Grazie di cuore. Tornando all'argomento di questo post, anche questo anno è partita la solita sterile polemica circa la presunta assurdità di festeggiare Halloween, presentata come festa pagana in contrapposizione alle tradizioni cristiane. Un primo commento che mi viene spontaneo è che questi non sono problemi reali. Chi vuole onorare i propri defunti seguendo il rito cattolico lo faccia. Chi invece vuole vuole portare i propri bambini in maschera lo faccia ugualmente. Sarebbero forse questi i problemi reali che affliggono la nostra società?! Robe da pazzi. Comunque mi sembra opportuno ricordare che è stato il rito cristiano a sovrapporsi a quello celtico (presentato come pagano dalla Chiesa Cattolica, ovviamente), e non viceversa. Quindi a differenza di quanto viene millantato dalla gerarchia ecclesiastica è il rito celtico quello originale, mentre il rito cristiano si è solo sovrapposto successivamente. Questo per amore di verità storica. In fatti nell'835 d.c. papa Gregorio Magno, nel vano tentativo di fare perdere importanza ai riti celtici legati a Samhain, spostò la festa di Ognissanti, dedicata a tutti i santi del paradiso, dal 13 maggio al 1° novembre. Questo provvedimento risultò inefficace, quindi la Chiesa decise, nel 10° secolo d.c., di creare una seconda festa: il giorno dei morti, il 2 novembre. Ho semplificato molto, ma credo questa non sia la sede adatta per pubblicare un trattato in merito. La Chiesa Cattolica può liberamente ululare ai quattro venti quello che meglio crede, sta di fatto che se di radici dell'Europa si vuole parlare, allora guardiamo ai riti celtici, sicuramente non a quelli cristiani che sono stati imposti con i roghi dell'inquisizione nei secoli successivi. Guarda caso sovrapponendosi nelle date a quelli celtici. Comunque mi chiedo nuovamente: ma dove sta il problema?!?! Siamo o non siamo uno stato laico e non confessionale?! Chi vuole festeggiare Halloween lo faccia, chi vuole onorare i riti cristiani lo faccia egualmente. Ma chi se ne frega.

giovedì 1 novembre 2007

Daniele Luttazzi, che fine hai fatto?!

Stasera sono andato a sbirciare sul sito di Daniele Luttazzi, comico che stimo tantissimo e che è misteriosamente sparito da media "ufficiali". Ricordo ancora le polemiche quando Berlusconi fece epurazioni sommarie di giornalisti e presentatori sui canali televisivi della RAI, provocando una giusta reazione da parte del centrosinistra, ai quei tempi all'opposizione. Ora il centrosinistra è al governo, Berlusconi è all'opposizione, molti di quelli messi all'indice dall'Illuminato di Arcore sono ritornati in pompa magna sul piccolo schermo. Daniele Luttazzi no. Cosa quanto mai curiosa. La prima considerazione che mi viene in mente è che forse è un personaggio scomodo, in quanto dotato di un cervello di primo ordine, di un estro artistico geniale e soprattutto di una grande autonomia e indipendenza intellettuale. Qualità rare, visti i tempi che corrono. Non è mia intenzione fare un'apologia di Luttazzi, comunque è evidente che qualcosa sotto c'è. Tra l'altro è una delle poche voci presenti nella blogosfera che faccia una critica seria e costruttiva a Beppe Grillo. Tuttavia il suo pensiero è articolato e per molti versi condivisibile, lontano anni luce dalla cagnara multimediale che ruota intorno al comico genovese. Che comunque rimane un grande (secondo me), se non altro per il merito di mettere in luce il livello di coma profondo in cui sta irreversibilmente scivolando il nostro sistema paese. Il blog di Beppe Grillo è per me un canale privilegiato di informazione alternativa nel web. Parlo di web perché non guardo più la televisione da anni. Ormai l'informazione "ufficiale" ha raggiunto un tale livello di assenza di contenuti e cialtronaggine da fare veramente schifo. Questo fatto è innegabile e si inserisce in un quadro generale di disfacimento delle istituzioni, giustamente evidenziato dal comico genovese. Anche se le soluzioni da lui proposte sono secondo me discutibili. In effetti il problema dei parlamentari condannati è sì grave, ma non è certo impedire a chi è stato condannato penalmente di accedere alla politica il rimedio taumaturgico in grado di salvare il paese, ormai allo sfascio. Né tanto meno inventare un bollino di garanzia per i nuovi eletti. La situazione del nostro paese è ormai troppo degenerata, gli slogan non servono a molto e sono necessarie soluzioni complesse e ragionate. A tal riguardo cito letteralmente un post di Daniele Luttazzi che mi sento di condividere pienamente:

"L'illusione alimentata da Grillo è che una legge possa risolvere la pochezza umana. Questa è demagogia."

Grande Luttazzi. Un problema che mi sembra sia stato ignorato da Grillo e che invece a mio modesto parere è centrale per il recupero della Democrazia in Italia è che i partiti decidono le liste dei candidati, e che i cittadini possono scegliere solo i partiti da votare, non le persone. Anche in questo caso quando Berlusconi nella legislatura passata fece questa assurda e immorale legge elettorale, il centrosinistra si stracciò le vesti. Adesso tutto tace. Adesso che sono al potere quelli del centrosinistra questa legge elettorale non è più immorale. Chissà come mai...

martedì 30 ottobre 2007

Tullio Avoledo, uno scrittore potenzialmente interessante.

Credo di avere individuato la mia prossima lettura. Ho visto interessanti recensioni su Tullio Avoledo, scrittore friulano che ha conosciuto il successo con "L'elenco telefonico di Atlantide". Pare che l'ispirazione per scrivere questo romanzo gli sia venuta da una lettera del grande scrittore di fantascienza inglese Arthur C. Clarke. Questa cosa mi ha veramente incuriosito. Domani andrò a comprare il libro. Speriamo bene.

lunedì 29 ottobre 2007

Alla ricerca della prossima lettura.

Bene. Come previsto sono cominciati gli insulti da parte degli amici di Mauro Corona sulla mia recensione del suo libro "Gocce di resina". Tutto come previsto. Con una interessante novità: pare che esistano due fazioni. Gli amici di Mauro Corona e quelli "veri", almeno a loro dire. Interessante. Chissà se cominceranno a insultarsi tra loro per reclamare il copyright dell'amicizia del buon caro vecchio uomo di legno. Tutto questo è tipico delle storielle ertane. Va beh. Affari loro. Il mio attuale problema è decidere quale sarà il prossimo libro da leggere. Dopo le cocenti delusioni ricavate dalla lettura di "Gocce di resina" di Mauro Corona e di "Tre metri sopra il cielo" di Federico Moccia, voglio andare con i piedi di piombo. Meglio prendermi un giorno in più per decidere che pigliarmi un'altra fregatura. Un altra ciofeca potrebbe essere un colpo mortale. Quando ho aperto il blog speravo di condividere esperienze entusiastiche. La realtà è molto più triste. Speriamo nel futuro.

domenica 28 ottobre 2007

Recensione del libro "Gocce di resina", di Mauro Corona.

Eccomi qua. Via il dente, via il dolore. Pur che questa agonia cessi, ho deciso di prendere coraggio e di scrivere la recensione di questo libro dell'uomo di legno. Bene, che dire. Il libro è un'insieme di raccontini di due-tre paginette su vari episodi della vita del buon Corona. Tra l'altro, usando l'espediente di cominciare sempre ogni raccontino dalla pagina dispari (cioè quella di destra), il buon caro vecchio Mauro ha guadagnato un bel po' di pagine in più. Nonostante questo espediente editoriale il libro conta 141 paginette. Se leviamo anche tutti i disegni associati ai raccontini, di scritto rimane assai poco. Ma fin qua niente di male. In fin dei conti anche gli scrittori devono mangiare, capisco che il buon Mauro cavalchi l'onda e scriva per fare cassa. In fin dei conti poi la qualità di un libro non si misura di certo dalla sua lunghezza. Ad esempio il libro "La fattoria degli animali" dell'eccelso George Orwell è un assoluto capolavoro, pur essendo forse anche più corto di "Gocce di resina". Ma siamo su un altro pianeta, distante anni luce dai boschi di Erto, dove vaga il nostro Mauro Corona in cerca di ispirazioni. I raccontini parlano di svariati argomenti: sbronze colossali, false testimonianze, bracconaggio, odio per le donne, sfruttamento dei lavoratori, infanzie tristissime, odi e rancori vari, tentati assassinii e omicidi riusciti. Un quadro desolato e desolante. Forse sono troppo giovane o, non avendo (grazie a Dio) vissuto certe esperienze non riesco a capire, tuttavia devo dire che non ho trovato traccia del fantomatico amore per la natura di cui Corona dovrebbe essere intriso, stando a quando si legge in giro. Qualcuno poi mi deve spiegare come un bracconiere (sia pure con dei tardivi distinguo) possa definirsi un amante della natura. Mah. In ogni caso non ho trovato un filo conduttore che leghi in modo comprensibile i racconti. O forse l'unico filo conduttore che c'è è l'assoluta desolazione di Erto e dei suoi abitanti, costretti da un triste destino a subire una vita fatta di alcool, solitudine e doppiette. Vita grama quella di Corona, almeno fino a quando non è diventato (ma forse sarebbe più corretto dire che è stato fatto diventare) uno scrittore di successo. Se il suo obiettivo era quello di condividere col resto del mondo le ferite della sua vita (cioè i suoi ricordi), devo ammettere che ha centrato il segno. Mamma mia. Tuttavia le sue qualità letterarie lasciano veramente a desiderare. Poteva almeno scrivere un romanzo. Ma forse era troppo difficile. Una serie di raccontini, una sapiente campagna di marketing alle spalle e il gioco è fatto. Comunque se il contatto con la natura che noi avremmo perso è legato al mondo decritto da Corona, ebbene sono contento di avere perso quel contatto, e sono felice che quel mondo stia morendo. Un mondo fatto di solitudine, invidie, istinti primordiali che facilmente sfociano nell'omicidio, misoginia, sfruttamenti. Unica consolazione: l'alcol, ingerito a metri cubi. Caro Mauro, continua pure a vagare nei boschi col tuo fido bottiglione in mano e l'amica doppietta sotto il braccio. Buon pro ti faccia. Ma ti prego in ginocchio: smettila di scrivere.

sabato 27 ottobre 2007

Mauro Corona, perché lo hai fatto?!

Perché hai scritto "Gocce di resina"?! Anzi, perché ti sei messo a scrivere?! Forza, rispondimi!! Ah, scusami, dimenticavo: tu sei l'uomo di legno, non puoi rispondermi, nonostante la magia dei boschi che ti piacciono tanto. Ma come Pinocchio, anche tu hai una speranza: magari a furia di girare nei boschi trovi una fatina che ti fa felice regalandoti un bel bottiglione di vino. Nonostante tutto, hai una schiera di amici che non esitano a ricoprirmi di insulti quando espongo il mio pacato pensiero. Ma va beh, tutti hanno diritto a scrivere. Purtroppo. O forse è meglio così. Comunque leggendo questo tuo libro, sono entrato in profonda crisi. L'idea di aprire un blog per condividere i miei pensieri sui libri e sugli scrittori che leggo mi sembrava una cosa meravigliosa. Nessun dubbio attraversava la mia mente entusiasta. Ora tutto queste certezze appartengono al passato. Come definire se qualcuno è uno scrittore? Basta che un pinco pallino qualsiasi scriva dei raccontini, che qualche altro pinco pallino scriva delle belle recensioni e il gioco è fatto?! Tutto qua?! O c'è dell'altro?! L'ingestione di quantità smodate di alcolici aiuta? Se qualcuno ha delle risposte, lo scongiuro: mi aiuti. Ora sono un blogger in crisi.

venerdì 26 ottobre 2007

Mauro Corona, uno scrittore che mi ha deluso.

Mi dispiace per gli amici di Mauro Corona e per i suoi fanatici sostenitori, che mi hanno ricoperto di insulti nei post precedenti. A me il modo di scrivere e di proporsi di questo scrittore non mi piacciono per niente. Punto e basta. Spero di trovare il tempo per scrivere la recensione di questo libro nel fine settimana, ma ne dubito.

giovedì 25 ottobre 2007

"Gocce di resina" di Mauro Corona: lettura finita.

Oggi pomeriggio ho finito la lettura del libro "Gocce di resina", di Mauro Corona. Nonostante la raffica di insulti che ho ricevuto nel blog mi sto preparando mentalmente alla prossima fatica: scrivere la recensione di questo libro. Non posso certo nascondere una certa delusione. Il libro è a dir poco risibile, almeno dal mio punto di vista. Una serie di raccontini che descrivono un mondo povero e ostile. Una rassegna di vite divise tra l'alcolismo, il bracconaggio e tentati omicidi. Il tutto intriso di una nostalgia per un contatto della natura che avremmo perso, noi poveracci dei tempi moderni. Mah. Forse certe cose è meglio perderle. Immagino che gli amici di Mauro Corona mi crocifiggeranno, ma questo è il mio pensiero.

sabato 20 ottobre 2007

Mmmmmm... visita al sito ufficiale di Mauro Corona, www.dispersoneiboschi.it

Mah. Oggi, depresso all'idea di finire di leggere le ultime dieci pagine del libro "Gocce di Resina", di Mauro Corona, sono andato a fare un salto sul suo sito ufficiale. Il dominio è dispersoneiboschi. Fin qua tutto bene. Per uno che si presenta come un'amante inveterato della montagna ci sta. Leggo la home page. Qualcosa comincia scricchiolare. Infatti Mauro Corona viene presentato come una persona schiva, che divide il suo tempo tra la sua bottega-tana e il vagabondare nei boschi. Mah. Da quello che leggo in giro il buon Mauro è presente ovunque, a presentare i suoi libri o a fare presenza in varie manifestazioni più o meno mondane (o forse dovevo dire montane... :)). Se a questo sommiamo il fatto che è anche alpinista/scalatore (pare abbia aperto oltre trecento nuovi sentieri ...), scrittore, scultore, attore, mi chiedo se per caso non sia anche un fisico quantistico che abbia trovato un metodo per bilocarsi. O forse è anche un guru, capace di violare le regole del continuum spazio-temporale al quale noi poveri mortali siamo legati... Mah!

giovedì 18 ottobre 2007

Mmmm... anche "Gocce di resina" di Mauro Corona odora di ciofeca.

Anche questo libro, se vogliamo definirlo tale, si sta rivelando una ciofeca. Può essere considerato una raccoltina di racconticini semplici semplici su tristi storie di montagna, tratte dalla giovinezza del buon Corona. Il poetico riferimento alle gocce di resina (i ricordi come ferite dell'albero...) ha perso tutto il suo spessore. Se i ricordi sono questi, molto meglio dimenticarli. Mah. Storie di cinghiate, sbronze colossali, omicidi mancati, bracconaggio e altre amenità varie. O forse dovrei dire storielle. Il tutto condito con un vago sentimentalismo dei bei tempi che furono. Bho. Tra l'altro il libro è cortissimo, poco più di un centinaio di pagine, con moltissime bianche in mezzo. Ma se è così, direte voi, allora per quale motivo hai impiegato tanto tempo per scrivere un post di aggiornamento sullo stato di avanzamento della lettura?! La risposta è semplice: trattasi di smonamento totale. Da quando ho aperto questo blog questo è il secondo libro che leggo. Il primo, "Tre metri sopra il cielo" di Federico Moccia, ha fatto schifo. Il secondo, anche questo di uno scrittore di grido (questa era l'idea che mi ero fatto spulciando sul web), è all'altezza del primo. O forse dovrei dire alla bassezza. Fatto sta che mi mancano dieci pagine. Ma non trovo il coraggio di finirle. Perché dopo dovrò scrivere la recensione. E sarebbe la seconda stroncatura. Speriamo nel futuro.

mercoledì 10 ottobre 2007

Grazie di esistere, Beppe Grillo!

I mass media cercano di vendere il Partito Democratico come una grande novità, capace di dare risposte concrete alla disaffezione dei cittadini alla politica. In realtà il Partito Democratico è molto più banalmente un'invenzione di puro marketing, di fatto è un'assembramento gerontocratico dei soliti noti, lontano dal cuore e dal portafoglio della gente. La nascita di questa "nuova" forza politica sarà un'altra spallata alla (poca) fiducia residua che la gente ha in questo sistema, ormai prossimo al collasso. Inoltre andrà a rendere sempre più indefinita la già impercettibile differenza tra i due schieramenti politici in fatto di programmi. Insomma, un'altro passo verso l'elettroencefalogramma piatto. Le primarie sono secondo me patetiche. Si sa già il nome del vincitore. Da mesi. Veltroni. Questo fatto è secondo me un vero insulto agli elettori, un'inequivocabile segno dell'incapacità del nostro sistema istituzionale di riformarsi e di diventare realmente rappresentativo degli elettori/cittadini. Trovo inoltre che il fatto di imporre nelle liste un numero di maschi pari a quello delle femmine sia patetico. Se queste sono le pari opportunità, allora chi se ne frega di averle. Povera Italia!
Grazie di esistere, Beppe!!

lunedì 8 ottobre 2007

Recensione del libro "Tre metri sopra il cielo", di Federico Moccia.



Ho terminato la lettura di questo libro pochi giorni fa, ma ho aspettato un attimo prima di scrivere una recensione - se mi è consentito questo termine – per lasciare sedimentare la cosa. Attualmente il libro che ho malauguratamente acquistato è nella mia cantina, che regge la gamba di uno scaffale che ballava. Non credo ci possa essere destino più nobile per lui. Lo ho comprato per pura curiosità, visto che ormai è praticamente un cult e su di lui ho sentito e letto in giro le opinioni più disparate. Dopo le prime pagine ero tentato di buttarlo via, ma poi ho deciso di impormi di leggerlo fino in fondo. In teoria dovrebbe trattarsi di una storia d'amore, in realtà la definirei l'evoluzione di una cottarella postadolescenziale tra quindicenni alle prime esperienze, vista la superficialità allucinante e la totale mancanza di introspezione dei personaggi. Ma sono poi dei personaggi?! Babi e Step, questi i nomi dei due protagonisti, sono privi di ogni spessore. Babi è una ragazzina viziata, vestita all'ultima moda e che ovviamente frequenta una delle migliori scuole di Roma. Step è un delinquentello di strada, che vive di espedienti, truffe e raggiri di vario tipo. I due sono accomunati da uno spessore psicologico nullo e da una indefinita famiglia dell'alta borghesia alle spalle. In questo libro infatti tutti maneggiano soldi a palate e vestono griffati dalla cima dei capelli alla punta dei piedi. Tuttavia nessuno lavora. Unica eccezione, il fratello di Step, Paolo, che fa il commercialista. Ovviamente nel libro è descritto come un povero sfigato, mentre il fratello picchiatore e nullafacente è l'eterno vincente. La storiella tra i due sboccia dopo alcune incomprensioni iniziali, vista la profonda diversità dello stile di vita dei due. Gli amici di step sono un branco di delinquenti dediti a furti, raggiri vari, risse e corse di motocicletta illegali dove spesso e volentieri ci si rimette la pelle. Step, ovviamente, non è da meno, anzi, grazie a un corpo perfettamente palestrato e una sana abitudine ai pestaggi gratuiti, è rispettato e temuto da tutti. Giunge a ricattare il fratello per estorcergli duecento euro, ma ovviamente nel corso del libro si capisce che il poverello è diventato così solo perché ha subito un trauma infantile. Infatti ha scoperto la madre a letto con un altro, pensando bene di massacrare di botte il poveraccio procurandogli lesioni permanenti alla mandibola. Ma la cosa terribile, udite udite, è che al processo che è seguito la madre di Step si è rifiutata di deporre in difesa del figlio. Ovviamente poi i soldi di papà hanno sistemato tutto. Questo patetico tentativo di introspezione psicologica è allucinante. Ho riletto questo pezzo diverse volte perché pensavo di avere capito male. Gli episodi diseducativi e sul filo dell'apologia della delinquenza sono numerosi, ma per carità di patria ne cito solo un altro. A un certo punto la Giacci, l'insegnante di latino di Babi,se la prende con lei. Il prode Step, per salvare la sua bella, pensa bene di rapire il cagnetto della Giacci per estorcerle dei buoni voti. Naturalmente ottiene il suo scopo, e i voti dell'amata traggono grande giovamento da questo episodio.
La faccio breve. Questo libro è senz'altro una rassegna pubblicitaria di articoli di moda. Può anche essere visto come una cartina stradale di Roma, visto che cita un'incredibile numero di vie, piazze e locali della città, non ho capito bene a che scopo. Ma i suoi pregi finiscono qua. La storia d'amore (o presunta tale) è dal mio punto di vista patetica, priva di spessore, risibile. Il libro è profondamente diseducativo, anzi sotto molti aspetti è un'apologia della violenza gratuita, specie se letto da ragazzini. Per l'amor del cielo, lungi da me voler restaurare l'indice o l'inquisizione spagnola, ma senz'altro se mio figlio leggesse questo libro non mi farebbe per niente piacere. Veramente non riesco a capire come possa avere avuto tutto questo successo. Bho. Assolutamente sconsigliato.

domenica 7 ottobre 2007

Pensierino della sera: quale sarà la prossima lettura?!

Bene. La lettura di "Tre metri sopra il cielo", cult di Federico Moccia, è terminata. Fin qua niente di nuovo rispetto a quanto detto ieri. Oggi non ho avuto tempo di scrivere la recensione di quel... ma sì, chiamiamolo pure libro. Tecnicamente parlando lo è, in fin dei conti, almeno se per libro intendiamo un insieme di pagine di carta stampata rilegate. In attesa di avere un momento di tempo per scrivere una recensione abbastanza articolata, il pensiero della sera è quale libro leggerò nei prossimi giorni. Ho deciso di cambiare completamente genere. Basta cult giovanili. Oggi, passando davanti a una libreria, mi è caduto l'occhio su un libro del quale ho già sentito parlare. Si tratta di "Gocce di resina", di Mauro Corona. Pare essere una raccolta di racconti brevi, che dovrebbero parlare, a quanto ho capito, del mondo della montagna, aprendo una finestra su una realtà ormai morente. Citando la prefazione: "La resina è il prodotto di un dolore, una lacrima che cola dall'albero ferito. Gocce dorate, gialle come miele, che non scappano via, non fuggono come l'acqua, non abbandonano l'albero... I ricordi sono gocce di resina che sgorgano dalle ferite della vita." Molto poetico. Insomma, per farla breve l'ho comprato. Staremo a vedere.

sabato 6 ottobre 2007

Operazione "Tre metri sopra il cielo" conclusa!!

Bene. Ce l'ho fatta. Oggi ho finito di leggere "Tre metri sopra il cielo", di Federico Moccia. E' stata durissima. Una vera ciofeca, un autentico libro inutile, anzi dannoso. L'unico lato positivo è che è stato scritto in modo semplice, le pagine si lasciano leggere nonostante i contenuti patetici. Adesso rimane il problemone di scrivere una recensione. Dico problemone perché una recensione dovrebbe essere una critica ragionata, non una sequenza di insulti e improperi. Lo dico col massimo rispetto nei confronti di chi la pensa diversamente, ci mancherebbe altro. Tuttavia, nonostante gli insulti che ho ricevuto sul blog da parte di lettori che evidentemente non hanno gradito le critiche, questo libro per me è puro pattume. Cercherò comunque di motivare questa mia affermazione, essendo una persona dotata di cervello pensante. Meglio dormirci sopra. Domani ci penserò a mente fresca.

giovedì 4 ottobre 2007

A un passo dalla meta.

Azz... manca ormai pochissimo... poche pagine ancora... ma ogni riga è un amaro calice. La lettura del libro "Tre metri sopra il cielo" di Federico Moccia si sta rivelando un'impresa titanica. Una prova di grande forza interiore. Ormai la storia è arrivata all'apoteosi finale, con la melensa storia d'amore tra Step e Babi pienamente germogliata. Scene così dolci da essere repellenti. Spero di trovare domani la forza di terminare questa agonia. Sto già pensando al passo successivo: come utilizzare questo libro una volta terminata la sua lettura. Non essendo degno di figurare sulla mia libreria, sono indeciso se gettarlo direttamente nel pattume (ma mi dispiace per il pattume), oppure adibirlo a qualche altro compito (che so, accendere il caminetto per riscaldare le fredde serate invernali). Sono graditi suggerimenti sugli usi alternativi.

mercoledì 3 ottobre 2007

Ormai è quasi fatta!

Mancano poche pagine alla fine di questo agonico best seller. Circa una ventina. La storia d'amore è ormai quasi al culmine... Il buon Step è arrivato vicinissimo a cogliere il bocciolo appena sbocciato... riuscirà a trombarsi la bella Babi prima della fine del libro?! Trattenendo torrenti di lacrime fremo dalla voglia di saperlo. Intanto il caro buon vecchio Step ha rapito il cagnolino dell'insegnante di latino della Babi, così tanto per aiutare la ragazza in vista degli esami di maturità... o l'acida Giacci la finisce di scassare, o la bestiola verrà seviziata... che bravo ragazzo! Potenza dell'amore! Il padre di Babi ha incontrato Step. La sua missione doveva essere quella di convincere il mariolo a lasciare in pace il tenero virgulto, ovviamente dopo averci passato insieme una serata capisce quanto in realtà sia un bravo ragazzo... in fondo gli ha fatto conoscere una cameriera sudamericana dalla trombata facile... altro che l'infame vita piccolo-borghese!!! Non c'è limite al peggio... sono molto curioso di leggere il finale...

martedì 2 ottobre 2007

Tre metri sotto il pattume.

Continua la lettura del libro "tre metri sopra il cielo", cult che ha lanciato Federico Moccia nell'olimpo dell'editoria. A mio avviso questo libro è gratuitamente diseducativo, essendo tra l'altro destinato a un pubblico giovane. Presenta una visione distorta della realtà, dove la gente vive o spendendo badilate di soldi non suoi, o rubando e massacrando a destra e a manca. La storia d'amore tra Step e Babi poi è risibile. In due post precedenti questo mio pensiero è stato contestato aspramente. La cosa non mi turba minimamente. Per me il libro era pattume e continuo a pensare che sia così. Forse nel finale si salverà. Ma ne dubito. Vedremo.

lunedì 1 ottobre 2007

Continua l'eroica sfida.

Bene. O forse dovrei dire male. Continua la lettura di "Tre metri sopra il cielo", libro cult di Federico Moccia. Ormai ho superato la metà. Finalmente si è capito il trauma che ha subito il povero Step, trauma terribile in seguito al quale è diventato un teppista rissaiolo. Il poverello ha infatti scoperto sua madre a letto con un vicino. Cose terribili. Il povero Step, colta la madre sul fatto, pensa bene di massacrare il vicino, provocandogli lesioni permanenti alla mandibola. Ma al trauma si somma un altro. Infatti, udite udite, al processo che segue sua madre non lo difende, e il povero Step subisce una condanna, anche se i soldi di papà gli evitano la galera. Poverino!!! L'ennesima prova che dietro a ogni delinquente si nasconde una persona che soffre... chi se ne frega se poi il delinquente va in giro a massacrare la gente. Anzi, lui è un vero figo, rispettato da tutti. Robe da pazzi. Intanto si sta sviluppando la storia d'amore tra il nostro eroe e Babi. Trattengo a stento torrenti di lacrime. La lettura di questo libro sta diventando per me un esercizio per rafforzare la forza di volontà.

domenica 30 settembre 2007

Birmania, ennesimo fallimento dell'onu?!

L'inviato speciale del Consiglio di sicurezza dell'Onu Ibrahim Gambari è arrivato in Birmania. Mah. I militari presidiano le città. Internet è stata nuovamente oscurata, per cui avere notizie di prima mano è sempre più difficile. Mi chiedo cosa farà l'ONU. Anzi, più correttamente mi chiedo cosa è in grado di fare l'onu, oltre a inviare qualche inviato speciale a bere un paio di caffè con i ceffi della giunta militare. Povera Birmania.

venerdì 28 settembre 2007

Birmania, che vergogna!

Quanto sta accadendo in Birmania è scandaloso. Sparare su monaci indifesi. Pazzesco. Bush ha protestato per i terribili fatti accaduti, mi chiedo però come mai non si accinga a invadere questa nazione - come invece ha prontamente fatto in irak - in difesa dei sacri valori della democrazia! Che sia forse perché la Birmania non è piena di ricchezze petrolifere?!
Comunque una delle prime cose che l'infame regime militare ha fatto in risposta alla sollevazione popolare è stato oscurare (o almeno ci ha provato) internet. Questa è l'ennesima conferma di quanto la Rete sia diventato un potente strumento di informazione libera e indipendente, temuto da quanti invece vorrebbero controllare i mass media. A partire dai nostri amatissimi politici. Grillo insegna. Che Dio salvi la Rete!

giovedì 27 settembre 2007

Una sfida con me stesso.

Con raro spirito di sacrificio continuo nella lettura di "Tre metri sopra il cielo", dell'acclamatissimo Federico Moccia. Ormai è una sfida personale. Una sfida con me stesso. Il libro si lascia leggere, grazie alla semplicità del linguaggio e alla banalità della storia, altamente prevedibile e quindi fruibile anche da un cerebroleso. La trama però è avvilente. In soldoni, la storia d'amore tra Babi, ragazzina straviziata, e Step, muscoloso palestrato nullafacente e teppista di strada. Entrambi sono figli di genitori strapieni di soldi e dalla non meglio identificata attività lavorativa. Alta borghesia, comunque. Il fratello di Step, Paolo, fa il commercialista in carriera, ma ovviamente fa la figura dello sfigato pippaiolo. Step, invece, picchiatore di strada che vive di espedienti circondato da amici cialtroni e mezzi delinquenti (per non dire del tutto), fa la figura del vero figo. Avvilente. Ovviamente il poverino è ridotto così perché ha subito un trauma, che tuttavia deve ancora definirsi meglio. Poverino. E' per questo che va in giro a pestare la gente e a estorcere soldi anche a suo fratello. In realtà è solo una povera vittima... Patetico.
Comunque ormai sono arrivato a un terzo del libro. Ho deciso di turarmi il naso e bere fino in fondo l'amaro calice. Certo che se ai giovani d'oggi (non che io abbia mille anni) basta leggere questa pacottiglia per sognare e volare tre metri sopra il cielo, siamo veramente messi male.

mercoledì 26 settembre 2007

Federico Moccia?! Mmmmmmm....

Oggi purtroppo ho avuto poco tempo per leggere, ma forse è meglio così. "Tre metri sopra il cielo" odora proprio di ciofeca. Mamma mia. Tre metri sopra... meglio che mi autocensuri. Le prime pagine mi sembrano una rassegna di moda. Al di là della dettagliata rassegna di marche, rimane una storia che si sviluppa tra ragazzine viziate e maschietti superfighi palestrati, in un contesto dove sembra che i soldi cadano dal cielo... ma c'è qualcuno che lavora, a Roma?! O la gente si mantiene spaccando la faccia a qualcuno nelle risse?! Bho!
Non mi piace l'idea di non finire di leggere un libro, ma mi sa che farò un'eccezione. La cosa che mi lascia perplesso è che, a quanto leggo in giro, si tratta di un best seller. Allora mi chiedo se sono io completamente rimbecillito (o fuori dal mondo) oppure se per vendere bisogna necessariamente produrre pattume.

martedì 25 settembre 2007

Brainstorming post-concerto.

Ieri sera sono andato a vedere il concerto di David Sylvian a Reggio Emilia, nel bellissimo teatro Romolo Valli. Concerto altamente godibile, ottima musica, acustica eccellente, grandi artisti sul palco. Unico neo, la performance era forse un po' troppo corta. I postumi di una sbronza colossale hanno allargato gli orizzonti della mia percezione. Così, nel notturno viaggio di ritorno, mi sono ritrovato a meditare sul mio neonato blog, l'ancora acerbo Il Cavaliere Bianco. Ho così realizzato che non ha molto senso porre grandi limiti allo scopo del blog in sé. Quello che viene viene. I blog non sono forse nati per essere dei diari?! E allora che diario sia. Certo, rimarrà sullo sfondo il tema letterario, ma questa è una inevitabile conseguenza di questo periodo della mia vita. L'idea di scrivere solo due-tre post al mese di recensione dei libri che leggo è in effetti troppo riduttiva. La risorsa c'è: perché non utilizzarla?! Le magiche note di Sylvian e torrenti di sano vino emiliano mi hanno allargato la mente.
Tra l'altro ieri ho anche comprato un libro di Federico Moccia, "Tre metri sopra il cielo". Oggi ho letto le prime pagine. Mmmmmmm..... Così, a naso, mi sembra una ciofeca. Una vera ciofeca doc. Mah! Vedremo nei prossimi giorni. Al momento mi sembra una storiella risibile, apologia di uno stile di vita basato sul nulla. Mi sembra più una pubblicità di articoli alla moda che altro. Poi magari qualcuno mi dirà che sono senz'anima, che non riesco a capire la poesia di questo romanzo o presunto tale. Opinione lecita, ovvio. Ma anche il mio attuale punto di vista lo é.

venerdì 21 settembre 2007

Perchè "Il Cavaliere Bianco?!"

Oggi mi sono alzato presto. La prima cosa che mi è venuta in mente è:"Ma perché ho chiamato il mio blog Il Cavaliere Bianco?!" In effetti evoca un immagine che con la recensione dei libri ha poco a che fare. A meno di considerare un lettore di libri un eroe solitario nella società moderna italiana, dove il 38% dei cittadini dichiara di non leggere neanche un libro all'anno... Mah! Certo, quella del cavaliere bianco è una bella immagine, almeno nella mia testa. Forse basata sull'ancestrale coppia polare bianco/buono - nero/cattivo. Forse legata all'idea del cavaliere nobile e romantico. O forse legata all'instabilità cronica dei miei equilibri interiori. Chi può dirlo. Ma perché mi faccio sempre domande inutili?! Comunque rimane il fatto che tra poco parto per un breve viaggio in centro Italia. Tornerò tra due giorni, nel frattempo il blog languirà...

Diventare un blogger.

Mi ha sempre affascinato l'idea di avere un blog. Mi chiedo perché. Dividere le proprie esperienze in rete?! Ovviamente anche sì, altrimenti basterebbe tenere un diario cartaceo personale. Ma è solo questo?! Non saprei. Il fatto è che l'idea in sé mi affascina. Questo per me è un motivo sufficiente. Ma poi, perché chiedersi sempre il perché di tutto?!
Bene, dopo avere deciso di diventare un blogger, il passo successivo è stabilire qual'è il tema del blog. Anzi, a dire il vero la domanda sarebbe: "Ha senso stabilire che il blog deve avere un tema definito? E se sì, quale?!" Beh, in linea generale e teorica direi che uno nel suo blog scrive quello che meglio crede. Tuttavia è certo che scegliere un tema aiuta. Semplifica la vita. Crea un canale privilegiato attraverso il quale il pensiero si organizza più facilmente in qualcosa di intellegibile e quindi comunicabile. Una cosa che volevo fare da tempo è scrivere delle recensioni sui libri che leggo. A dire il vero non leggo moltissimo. Un paio di libri al mese, forse qualcosa di più.
In teoria pare che il blog non sia un mezzo utilizzabile se uno vuole scrivere due recensioni al mese. Ho avuto una discussione accesa con un mio amico pochi giorni fa su questo tema. "Se vuoi pubblicare in rete delle recensioni, allora iscriviti a un forum, a un sito di opinioni o fatti un tuo sito. Ma, per l'amor di Dio, NON usare un blog! Un blog DEVE essere aggiornato ogni giorno, altrimenti NON è un blog!!!" Ma dove sta scritto, mi chiedo?! Se a me va bene di scrivere due post al mese, qualcuno forse me lo vieta?! Quindi ho deciso di fregarmene di queste regole (vere o presunte che siano) e di aprire un mio blog. Dedicato principalmente alle mie due-tre recensioni mensili sui libri che leggo. E poi voglio essere franco: di farmi un sito tutto mio per questo scopo non avevo nessuna voglia. Pigrizia? Forse. O forse semplice buon senso. Ai posteri l'ardua sentenza.