giovedì 31 gennaio 2008

Il 100° post!

Bene. Oggi scrivo il centesimo post di questo blog. Per festeggiare ho aggiunto un altro elemento al sito. Si tratta della sezione "I migliori libri che ho letto da quando ho aperto questo blog". Mi rendo conto che il concetto di "migliore" è altamente relativo, tuttavia mi sembra inutile tenere memoria storica di tutte le mie letture (scopo di questo blog), senza cercare di fare una qualche sintesi. Ho scelto quindi di evidenziare i libri che mi hanno maggiormente colpito. Non è un'operazione facile. Per alcuni autori si tratta di una cosa banale. Ad esempio, Federico Moccia scrive pattume. Punto. Scartato subito. Tuttavia in altri casi è difficile fare una scelta. Ho selezionati due libri tra la dozzina che ho letto: secondo me spiccano su tutti gli altri. "Kitchen" di Banana Yoshimoto per le emozioni che mi ha regalato col suo stile semplice e originale, Kurt Vonnegut per la genialità del suo libro "Mattatotio n°5 o La crociata dei bambini". Questo scrittore si è inventato un suo genere grottesco-surreale-fantascientifico per parlare di un tema molto scottante: il bombardamento di Dresda del 1945. Di fatto uno splendido manifesto pacifista.

mercoledì 30 gennaio 2008

Amos Oz, interessante scrittore israeliano non molto noto.

Continua la lettura del libro "Non dire notte", dello scrittore israeliano Amos Oz. Una lettura piacevole. Apprezzo molto il tentativo dell'autore di parlare di una "normale" storia - che potrebbe essere benissimo ambientata in una qualsiasi cittadina italiana - nella drammatica realtà mediorientale. Un tentativo pienamente riuscito, secondo me. Un libro poetico, che mette in luce una grande verità: le dinamiche sociali e psicologiche tra gli esseri umani sono più o meno sempre le stesse. Amos Oz indaga con grande poesia e leggerezza nell'evoluzione del rapporto di coppia tra i due protagonisti, nella loro vita e nelle reazioni che può suscitare in una piccola realtà di provincia l'apertura di un centro di recupero per tossicodipendenti. Questo senza mai esprimere giudizi, ma al contrario lasciando una grande speranza: in fondo nel mondo c'è tanta gente che cerca di fare qualcosa per migliorare la vita su questo pianeta. Con umiltà, senza aspettarsi grandi cose. Amos Oz non ha il successo che merita: tra l'altro scrive benissimo, giocando con la prima e la terza persona, con continui flashback che però nulla tolgono alla comprensibilità della storia.

martedì 29 gennaio 2008

"Non dire notte", di Amos Oz: prime impressioni.

Ho divorato una settantina di pagine del libro "Non dire notte", di Amos Oz. Questo autore scrive bene. Noa e Teo vivono in una piccola cittadina israeliana nel deserto del Negev. Tra i due c'è una certa differenza di età e di visione del mondo, la coppia è in crisi. I problemi aumentano quando Noa, che è insegnante di lettere, decide di aprire un centro di riabilitazione per tossicodipendenti, in seguito al tragico decesso di un suo allievo. Amos Oz passa disinvoltamente dalla prima alla terza persona, fornendo al lettore il punto di vista personale di entrambi i protagonisti. Una scelta veramente azzeccata. L'autore usa un linguaggio leggero e poetico per raccontare una storia che in fondo è un'indagine sui limiti della convivenza tra gli esseri umani. Molto bello.

lunedì 28 gennaio 2008

Novo libro, nuovo continente.

Cambio non solo stato, ma anche continente, stufo degli autori nostrani. La prossima lettura sarà il libro "Non dire notte", dello scrittore israeliano Amos Oz. Ho letto buone recensioni. Vedremo.

domenica 27 gennaio 2008

Recensione del libro "Vajont: quelli del dopo", di Mauro Corona.



Che dire. Il libercolo in questione è costituito da settantatré (73) paginette. Costa otto (8) euro. E' costituito principalmente da un dialogo tra sei persone chiuse in un bar di Erto. Alcune di queste sono sopravvissute al terribile disastro del Vajont. Il dialogo è secco, scarno, pieno di banalità e luoghi comuni, per quanto molti di questi siano condivisibili (ovviamente). Con tutto il rispetto dovuto ai morti di questo tragico disastro annunciato, credo proprio che non valga assolutamente la pena spendere otto euro per comprare un libro che si può leggere in mezz'ora e che non contiene niente di veramente interessante, né dal punto di vista letterario, né dal punto di vista storico. Credo che il conto in banca di Mauro Corona si sia ingrassato a sufficienza. Su questo autore per quel che mi riguarda cala il sipario.

sabato 26 gennaio 2008

Mauro Corona, ci sei o ci fai?!

Il libro "Vajont: quelli del dopo", di Mauro Corona, è articolato come un dialogo che avviene in un osteria di Erto e ha come protagonisti quattro avventori, l'oste e un sesto personaggio, di nome Jan. Il libro è cortissimo, neanche ottanta paginette e consiste essenzialmente nel laconico dialogo tra queste sei persone, delle quali quattro superstiti della disgrazia del Vajont. Cito un brano tratto dal libro, che mi ha fatto sorridere perchè si potrebbe applicare allo stesso Mauro Corona:


"... .Sì, tutti buoni, bravi, grandi. Fotografi, scrittori, tecnici, giornalisti. Ultimamente hanno solo sfruttato il Vajont per gloria personale, per diventare noti o essere notati. E solo dopo il caso Paolini. Sono apparsi più libri sul Vajont negli ultimi due anni che in quaranta prima. All'improvviso tutti hanno qualcosa da dire e la mettono nero su bianco. Dopo 'sto casino di Paolini e Martinelli è nata una professione nuova, quella di superstite. ..."

giovedì 24 gennaio 2008

Il disastro del Vajont.


Il libro di Mauro Corona che sto leggendo, "Vajont: quelli del dopo", verte sulla triste vicenda dell'omonimo disastro. Vajont è il nome del torrente che scorre nella valle di Erto e Casso per confluire nel Piave, davanti a Longarone e a Castellavazzo, in provincia di Belluno (Italia). Come noto il paese di Mauro Corona è Erto, anche se a rigore lui è nato a Piné, in Trentino. Avendo passato larga parte della sua giovinezza a Erto, si sente tuttavia Ertano, come ripete alcune migliaia di volte nei suoi libri.
La sera del 9 ottobre 1963 un pezzo del monte Toc franò nel bacino artificiale ricavato a monte della diga costrita sul Vajont, provocando un'immane ondata che cancellò in pochi istanti duemila vita umane. Questo dramma, dovuto all'imperizia e alla cialtronaggine umana, venne tuttavia dimenticato. Ci pensarono alcuni artisti a ricordare questi tragici eventi, prima di tutti l'attore Marco Paolini, con il suo "Racconto del Vajont", del 1993. Mauro Corona ha fatto di questo disastro uno dei suoi temi preferiti.

mercoledì 23 gennaio 2008

Mauro Corona, una seconda possibilità.

Bene. Stimolato dalle accanite discussioni tra gli amici di mauro Corona e i "veri" amici di Mauro Corona, finalizzate a dirimere l'importante controversia tra chi è il vero custode della Verità, ho deciso di leggermi un'altro libro dello scrittore di Erto, il disperso nei boschi, come ama definirsi Mauro Corona nel suo sito ufficiale, www.dispersoneiboschi.it.
Ho scelto un suo libro molto breve ma che tratta di un'argomento molto caro a Corona: il disastro del Vajont. Il titolo è "Vajont: quelli del dopo". Sono consapevole che è probabile che questa mia scelta coinciderà con una marea di spam da parte dei trolleggiatori pro-Mauro Corona, ma la ritengo ormai una scelta obbligata.

martedì 22 gennaio 2008

Recensione del libro "Esco a fare due passi", di Fabio Volo.


Il protagonista di questo libro è Nico, single ventottenne con una vita sentimentale sregolata e un lavoro da Deejay. La storia è articolata in una quindicina di capitoli, ma alla fine si scopre che in realtà è una lettera che Nico scrive a sé stesso, indirizzandola allo sconosciuto Nico trentatreenne del futuro. La divisione in capitoli non ha molto senso, in quanto poi di fatto in ognuno si parla un po' di tutto, in modo alquanto confusionario. Volo scrive in un italiano sufficientemente scorrevole, quello che invece non scorre è la storia, un confusionario guazzabuglio di frasi fatte sui single e sulle sindromi di Peter Pan non risolte. Evidentemente molti considerano le ovvietà sparate a raffica da Volo come perle di saggezza, visto il successo che ha riscosso questo libro a leggere certa critica. Personalmente ho trovato la sua lettura noiosa e scontata. Non fosse per il fatto che è breve - circa 170 pagine - probabilmente non l'avrei neanche finito di leggere. Una cosa che mi ha colpito è l'ansia dell'autore di voler essere a qualsiasi costo simpatico e divertente, obiettivo dal mio punto di vista fallito. Ho trovato in particolar modo fastidioso che l'autore non ha mai sprecato un'occasione per parlare gratuitamente di sesso, in modo pacchiano e spesso del tutto fuori luogo. Tuttavia questo fatto mi ha fatto apprezzare Charles Bukowsky. Lo scrittore americano è il poeta della degradazione umana, e nei suoi libri da questo punto di vista il sesso a palate ha un senso. Fabio Volo è invece il poeta della mediocrità umana (se mi è permesso il termine poeta), e il suo parlare di cazzi, culi, patate, pompini, seghe, sperma e quant'altro ha secondo me lo scopo di fare colpo sul lettore medio italiano, che è un perfetto qualunquista. Se Federico Moccia vende pattume avendo come target i quindicenni, Fabio Volo vende libri senz'anima ai venticinquenni che ragionano per stereotipi. Almeno questa è l'idea che mi sono fatto io. Chiaro che a furia di scrivere badilate di pensieri sugli argomenti più disparati l'autore ogni tanto scrive qualcosa di bello, se non altro per motivi statistici. A proposito di statistica, la probabilità che legga in futuro un'altro libro di Fabio Volo tende a zero.

lunedì 21 gennaio 2008

Fabio Volo, la sagra delle ovvietà.

Che dire. Ho terminato questo libro. Alla fine si scopre che non è un diario, ma una lettera che il protagonista Nico scrive a sé stesso, con l'impegno di rileggerla dopo cinque anni. In altre parole, una lettera scritta da Nico ventottenne al Nico trentatreenne. Il libro è veramente una lunga e sconnessa sequela di luoghi comuni sui trentenni single. Come un orologio fermo indica l'ora giusta due volte al giorno, così anche Fabio Volo ogni tanto dice delle cose belle. Questo non si può negare. Il livello è di fatto superiore al pattume scritto da personaggi come Federico Moccia, tanto per citare qualcuno che ho letto da quando ho cominciato a scrivere questo blog. Per rispetto nei confronti dell'autore mi sento comunque di citare un brano del libro che mi ha colpito (si contano sulle dita di una mano):

"Io faccio questo lavoro perchè amo la musica e amo dire ciò che penso, e anche se - come tutti - voglio guadagnare dei soldi, li voglio guadagnare inseguendo i miei sogni. Non voglio guadagnare soldi inseguendo i soldi.
Non voglio essere ricco, voglio essere libero.
Una parte di me per esserlo deve avere dei soldi, per poter vivere, ma ce n'è un altra che per esserlo ha bisogno di tutt'altro."

domenica 20 gennaio 2008

Fabio Volo, una cocente delusione.

Ormai ho superato la metà del libro "Esco a fare due passi", di Fabio Volo. Devo dire che sono profondamente deluso. Un libercolo soporifero, infantile, banale, stracolmo di luoghi comuni, frasi fatte e profondamente discontinuo e contraddittorio. Nico, il protagonista, che parla di sé in prima persona nei vari raccontini in cui è suddiviso il libro, ripete continuamente che è " Immaturo, immaturo, immaturo". Senza poi spiegare bene il perché, visto che comunque dice tutto e il contrario di tutto. Da un lato prova tristezza quando incontra i suoi vecchi amici, già sposati con figli, perché hanno rinunciato ai loro sogni, dall'altro quando sogna si colpevolizza definendosi immaturo. Chi è poi che possiede la definizione certificata di "persona matura"??
Mah. I raccontini in cui è diviso hanno dei titoli. Il contenuto dei raccontini ha tuttavia scarsa correlazione con il loro titolo, tutti quanti finiscono poi in un modo o nell'altro a parlare di sesso, non si capisce bene perché. Così tra cazzi, patate, pompini, seghe, lesbo, sperma e scopate varie più o meno improbabili si trascina un racconto del tutto raffazzonato, incoerente sia nella forma che nei contenuti. Ciliegina sulla torta, si percepisce che Fabio Volo vorrebbe anche dimostrarsi simpatico, divertente, ma secondo me riesce solo a essere patetico. Mah. Forse ho scelto il suo libro sbagliato. Forse.

sabato 19 gennaio 2008

Fabio Volo, prime impressioni.

Mah. Ho cominciato a leggere il libro "Esco a fare due passi", di Fabio Volo. Il libro è diviso in vari racconti in cui il protagonista, Nico, parla a sé stesso. Insomma una specie di diario. Lui è un ragazzo di ventotto anni che lavora in una radio. Si parla di tutto, a ruota libera. Anche troppo. Le riflessioni di questo deejay non sono per niente profonde, anzi mi sembrano un'elencazione di banalità e di frasi fatte. Fabio Volo cerca anche di essere divertente, ma non mi sembra riesca molto nell'impresa. Mah.

venerdì 18 gennaio 2008

Il nuovo libro.

Dopo "Si fa presto a dire pirla", di Paolo Rossi, leggerò "Esco a fare due passi", dello scrittore Fabio Volo. Diversi miei amici/amiche mi hanno cantato inni di lode su questo libro. Sono proprio curioso.

giovedì 17 gennaio 2008

Recensione del libro "Si fa presto a dire pirla", di Paolo Rossi.


Beh, nonostante l'influenza ho finito di leggere questo libro. Un centinaio di pagine divertenti la cui lettura è stata piacevole. Che altro dire. Difficile recensire quella che in fondo è solo una raccolta di monologhi di un comico. Senz'altro una lettura divertente e leggera, rimango comunque dell'idea che è meglio vedere il cabaret dal vivo, in teatro o almeno in televisione. Discorso analogo vale per tutti i libri dei vari interpreti di Zelig, che invariabilmente finiscono per pubblicare una raccolta dei loro sketch. Comunque non li condanno: tutti devono vivere, forse sarebbero dei fessi a non farlo, visto che la gente compra.

martedì 15 gennaio 2008

Azz... l'influenza mi ha steso...

Mi trascino a stento al pc. Ho una febbre devastante e sono a pezzetti... mi sa che l'attività del blog andrà in pausa per qualche giorno.... azzz...

domenica 13 gennaio 2008

Prime impressioni.

Beh, che dire. La lettura di "Si fa presto a dire pirla", di Paolo Rossi, è divertente, su questo niente da dire. Il cabarettista sa il fatto suo, e anche i suoi autori. Forse però è meglio guardare i suoi sketch piuttosto che leggere i suoi testi. Comunque è una lettura distensiva e rilassante. Quello che mi ci vuole in questo periodo. Tra l'altro non sto neanche benissimo.

venerdì 11 gennaio 2008

La nuova lettura.

Dopo gli orrori della guerra - sia pure raccontati in modo grottesco e surreale - di "Mattatoio n.5 o La Crociata dei bambini", dello scrittore americano Kurt Vonnegut, cambio completamente genere. Il prossimo libro che leggerò è "Si fa presto a dire pirla", di Paolo Rossi. In realtà non si tratta di un romanzo, ma di una raccolta di monologhi del comico. Quindici anni di cabaret condensati in un centinaio di pagine.

mercoledì 9 gennaio 2008

Recensione del libro "Mattatoio n.5 o La Crociata dei bambini", di Kurt Vonnegut.


Kurt Vonnegut partecipò alla Seconda Guerra Mondiale, combattendo sul fronte occidentale contro i tedeschi nelle fila dell'esercito americano. Venne tuttavia catturato durante l'offensiva delle Ardenne e trasferito a Dresda. Qui sopravvisse allo spaventoso bombardamento voluto dal Bomber Command inglese nel febbraio del 1945. Un massacro inutile e devastante, che rase al suolo una città splendida e costò la vita a un numero mai calcolato di civili inermi. Kurt Vonnegut si salvò perché era stato rinchiuso sotto un mattatoio, in una caverna scavata in profondità nella roccia e destinata alla conservazione delle carni macellate. Questa tragica esperienza lo segnò profondamente, tanto che nel dopoguerra scrisse questo libro, precisamente nel 1969. Per parlare di questi tragici avvenimenti e denunciare l'assurdità della guerra e i suoi indicibili orrori ha usato uno stile veramente originale. Tecnicamente il libro potrebbe essere classificato come un romanzo di fantascienza, ma sarebbe molto riduttivo limitarsi a questa definizione. Di fatto il libro è scritto in modo estremamente originale, è scanzonato, surreale e grottesco.
Il protagonista è Billy Pilgrim, evidentemente un alter ego dello stesso Vonnegut. Tuttavia ha un dono particolare, ammesso poi che lo si voglia considerare un dono: è in grado di viaggiare istantaneamente nello spazio e nel tempo. Questo gli permette di vivere contemporaneamente diverse esperienze, passando dalla sua vita normale di cittadino piccolo borghese americano, a un'altra esistenza in un'altro pianeta (rapito dagli alieni ed esposto in uno zoo), ai tragici avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale. Questo artificio letterario permette a Vonnegut di esprimere le sue considerazioni sulla guerra e sulla vita da un punto di vista particolare. Insomma una trovata geniale per parlare in modo scanzonato di temi estremamente pesanti. Questo libro infatti non è solo una condanna della guerra, ma anche una riflessione disincantata sull'inconsistenza del modello americano e dei suoi miti e più in generale sulla fragilità della condizione umana. La storia si presenta quindi molto frammentata, visti i continui balzi spazio-temporali del protagonista, ma questo non è per niente un problema. Regala invece a quest'opera un ritmo divertente e incalzante. Tra l'altro Vonnegut scrive in modo semplice, lontano anni luce dalle masturbazioni stilistiche di Avoledo (per fare un nome a caso). Insomma un gran bel libro, sotto ogni punto di vista. Sicuramente leggerò altri lavori di Kurt Vonnegut, un autore che mi ha conquistato.

martedì 8 gennaio 2008

Kurt Vonnegut, un autore che senz'altro tornerò a leggere.

Questo è poco ma sicuro. Ho già aggiunto alla lista (sterminata) di libri da leggere la sua opera "La colazione dei campioni". Entro l'anno. Da questo libro venne anche tratto un film nel 1998, con Bruce Willis, Nick Nolte e Albert Finney. Lo stile scanzonato, grottesco e surreale di Vonnegut mi ha conquistato. Geniale.

lunedì 7 gennaio 2008

Il significato di un titolo.

Ho quasi finito di leggere il libro "Mattatoio n.5 o La crociata dei bambini", dello scrittore americano Kurt Vonnegut. Mi chiedevo che significato avesse la frase " La crociata dei bambini" con il bombardamento di Dresda. L'ho scoperto leggendo il libro. Infatti "Mattatoio n.5" è semplicemente il nome del luogo fisico dove trovarono scampo al massacro alcuni superstiti, sia nella realtà che nella finzione letteraria. Il termine "Crociata dei bambini" è invece un semplice riferimento al fatto che nelle guerre vengono spesso mandati in prima linea dei ventenni, poco più che ragazzini, mandati a morire in nome di ideali astrusi che spesso sono lontani anni luce dalle convinzioni interiori dei combattenti. Spesso ma non sempre. Comunque questo libro è molto bello e esprime in modo veramente efficace - quasi geniale nella sua semplice originalità - una condanna totale e incondizionata alla guerra.

domenica 6 gennaio 2008

Kurt Vonnegut e la guerra.

Il bombardamento di Dresda del febbraio 1945 segnò profondamente la vita di Kurt Vonnegut, scrittore americano che vi si trovava come prigioniero di guerra. Quello di Dresda fu un massacro di proporzioni inimmaginabili, che provocò più morti della bomba atomica di Hiroshima. Massacro spaventoso anche perché fu accuratamente pianificato dal Bomber Command inglese per produrre il maggior numero possibile di vittime. Il bombardamento venne fatto a più riprese, con i tempi tra un'ondata e l'altra calcolati in modo da permettere ai soccorsi di arrivare dalle città limitrofe e distruggerli. Le fonti "ufficiali" parlano di circa 130000 morti, ma in realtà la città era stracolma di profughi in fuga davanti all'avanzata dei sovietici sul fronte orientale. La cifra più probabile è di circa 300000 vittime civili. Posto un brano tratto dal libro di Kurt Vonnegut "Mattatoio n.5 o La crociata dei bambini". Un brano che bene esprime il pensiero dello scrittore americano su questi tristi fatti.

"... perché non c'è nulla di intelligente da dire su un massacro. Si suppone che tutti siano morti, e non abbiano più niente da dire o da pretendere. Dopo un massacro tutto dovrebbe tacere, e infatti tutto tace, sempre, tranne gli uccelli.
E gli uccelli cosa dicono? Tutto quello che c'è da dire su un massacro, cose come "Puu-tii-uiit?""

sabato 5 gennaio 2008

Kurt Vonnegut e l'orrore della guerra.


Kurt Vonnegut, lo scrittore americano autore del libro "Mattatoio n. 5 o La crociata dei bambini" - che sto leggendo adesso - combatté nella Seconda Guerra Mondiale. Venne catturato dai tedeschi e venne trasportato a Dresda come prigioniero di guerra. Qui fu testimone dello spaventoso bombardamento aereo alleato che nel febbraio del 1945 massacrò centinaia di migliaia di tedeschi, la maggior parte arsi vivi nell'allucinante rogo della città, voluto dal Bomber Command inglese. Fu un massacro inutile dal punto di vista militare, in quanto la stragrande maggioranza dei morti erano civili tedeschi in fuga dai sovietici, che avanzavano sul fronte orientale. Un massacro spaventoso, un'abominevole crimine contro l'umanità di cui pochi - al giorno d'oggi - hanno ricordo. Il bombardamento venne scientificamente pianificato per provocare un fenomeno detto "tempesta di fuoco". In altre parole, il bombardamento a tappeto con bombe al fosforo del centro della città provocò incendi con temperature di circa 1500 °C. Questo sbalzo termico provocò fortissime correnti d'aria (un vero uragano) proveniente dalla periferia che letteralmente spingeva le persone dentro le fiamme. Il calore raggiunse tali livelli che le persone morivano arrostite vive anche dentro i rifugi antiaerei scavati sotto la città. Come sempre ci furono dei superstiti. Uno di questi fu Kurt Vonnegut. La sua fortuna fu quella di essere rinchiuso in una caverna scavata nella roccia, molto in profondità, sotto un mattatoio. La caverna era stata anticamente scavata per conservare al fresco le carni. Sopravvissuto a questo orrore, dopo la guerra decise di scrivere questo libro. Poiché parlare di orrendi massacri è cosa difficile, scelse un genere particolare, un ibrido tra la fantascienza e il racconto grottesco. Leggendo il libro mi rendo conto infatti che classificarlo come "fantascienza" è come minimo un'operazione azzardata. Di fatto poi si tratta di un'assoluta condanna alla guerra e alla violenza. Scritta in modo geniale.

venerdì 4 gennaio 2008

Altro libro, altra storia.

Per la prossima lettura mi sono imposto un radicale cambiamento di genere. Ho scelto il libro "Mattatoio n. 5 o La crociata dei bambini", dello scrittore americano Kurt Vonnegut. Da questo racconto - scritto nel 1969 - venne tratto un film, nel 1972. Si tratta di una storia di fantascienza, diventata quasi un manifesto del pacifismo. Sono proprio curioso di leggere questo libro.

giovedì 3 gennaio 2008

Recensione del libro "Assassinio al Comitato Centrale", di Manuel Vazquez Montalban.




Durante una riunione del Comitato Centrale del Partito Comunista Spagnolo viene assassinato - a porte chiuse dall'interno in una stanza in cui per un attimo manca la luce - il Segretario Generale, Fernando Garrido. Siamo nei primi anni seguenti al regime franchista, il fatto scatena un putiferio che minaccia di destabilizzare tutta la nazione. Per fare luce sugli eventi viene assoldato il detective privato Pepe Carvalho. Questi si trova invischiato in una storia che pare essere più grande di lui, tra donne seducenti, intrighi politici di difficile lettura, pendagli da forca e servizi segreti vari. In realtà la soluzione dell'enigma è molto semplice, ed emerge in tutta la sua disarmante evidenza alla fine del libro. Un libro che parte con ritmo agonico e procede stentatamente, scritto con uno stile cerebrale, dal mio punto di vista veramente poco entusiasmante. Il racconto non è diviso in capitoli - cosa abbastanza inusuale - per cui il lettore si trova a dovere leggere oltre duecento pagine filate. Manuel Vazquez Montalban scrive in modo estremamente complesso, con continui flashback difficilmente distinguibili dal resto del testo e con interminabili descrizioni enogastronomiche. Anche la possibilità di contaminare questo giallo con elementi storico-politici di rilievo viene persa dallo scrittore spagnolo. Da questo punto di vista mi sembra semplicemente una spietata critica della struttura e delle modalità operative del pertito comunista e dei suoi intellettualismi. Pepe Carvalho è un automa da indagine, interessato solo dalle donne e dal mangiare, con una notevole predilezione per i piaceri di Lucullo. L'esperienza dell'opposizione al regime franchista viene liquidata in modo disarmante, presentando tutti i dirigenti del Partito Comunista come una massa di pseudointellettuali acefali, qualora non corrotti. La storia è molto semplice nella sostanza ma estremamente complessa e cerebrale nella forma, per cui il prodotto finale è dal mio punto di vista del tutto mediocre. Secondo me Manuel Vazquez Montalban non merita nel modo più assoluto la fama di cui gode. Dubito che leggerò altri suoi libri.

mercoledì 2 gennaio 2008

Manuel Vazquez Montalban, un modo di scrivere decisamente poco fluido.

Prosegue la lettura del libro "Assassinio al Comitato Centrale", dello scrittore spagnolo Manuel Vazquez Montalban. Sono ben oltre la metà. Nonostante la storia si sia ripresa un minimo (l'inizio era a dir poco agonico), devo dire che sono sempre più perplesso sullo stile di questo scrittore, del quale avevo letto recensioni entusiastiche. Mah. Una prima particolarità è che il libro non è diviso in capitoli. E' un unico blocco di 220 pagine. Questo fatto già di per sé non aiuta il lettore. A dare il colpo di grazia è il modo di scrivere di Montalban, estremamente cerebrale, con continui flashback difficilmente riconoscibili all'interno della storia. Nel racconto ci sono poi molti personaggi minori, i cui incasinati nomi in spagnolo costringono a continue riletture per cercare di capire di chi si sta parlando. Dato che il racconto non è diviso in capitoli, ritrovare il punto giusto non è facile. Ulteriore confusione è prodotta dalle continue descrizioni di cibarie e preparazioni di pietanze varie, del tutto inessenziali dal punto di vista del racconto in sé. La storia è poi a dir poco estremamente semplice, quasi banale nel suo sviluppo. Anni luce di distanza da Agatha Christie. Insomma di questo libro e del suo autore si salva ben poco.