domenica 25 maggio 2008

L'Africa, il continente perduto.

Continua la piacevole e molto interessante lettura del libro "Ebano", di Ryszard Kapuscinski. E' scritto molto bene ed è una miniera di interessanti considerazioni e riflessioni sulla dimenticata realtà africana. Gli spunti sono innumerevoli, ho deciso di prendere nota solo di alcune cose, a mio avviso le più significative della visione che Kapuscinski ha del continente nero.
  • L'Africa non è per niente una realtà omogenea. Tra l'altro, la sua suddivisione nei numerosi stati in cui è frammentata è stata fatta in modo del tutto arbitrario dagli occupanti europei. Il fatto è che per la cultura africana (perlomeno per la stragrande maggioranza dei popoli che la compongono), la mera suddivisione spaziale ha scarsa rilevanza. Essenziale è invece la divisione per etnie, tribù e clan. Il numero di queste realtà - a noi occidentali non molto comprensibili - è praticamente sterminato.
  • Ognuna delle innumerevoli etnie e tribù in cui è frammentata la popolazione africana ha ben radicato un suo particolare sistema di credenze, valori e tabù di vario tipo. La religione ha un'importanza centrale per la gente dell'Africa, che nella sua gran massa è ancora animista (termine generico che in realtà raggruppa un'universo sterminato di credenze diverse).
  • Pur essendo un continente enorme, uno dei problemi di base dell'Africa è la totale mancanza di mezzi di comunicazione interna. Questo è uno degli elementi che rende impossibile il crearsi di un'economia efficiente.
  • La visione del mondo dell' uomo africano - tipo è mediamente del tutto opposta a quella dell'occidentale - tipo. Tanto uno è individualista, tanto l'altro vive essenzialmente in funzione del suo clan. Uno ha una percezione del tempo e dello spazio indipendente da sé (regalo del progresso scientifico), l'altro ha una percezione del tempo e dello spazio del tutto soggettiva. Tanto uno è dinamico, tanto l'altro vive in una condizione di "attesa passiva". Considerazioni che possono sembrare banali, ma che in realtà sono alla radice del stato di degrado impressionante in cui si è ridotta l'Africa.
  • Dopo la Seconda Guerra Mondiale gli stati africani hanno cominciato a rendersi indipendenti dal controllo occidentali. Dopo una partenza promettente, le popolazioni africane non hanno saputo autodeterminrsi.
  • La responsabilità del fallimento totale dei popoli africani nell'autogovernarsi va imputato essenzialmente a loro stessi. Di fatto le loro èlite hanno cercato di copiare il peggio dell'Occidente: sete di potere e denaro, mentalità predatoria e parassitaria, assenza di scrupoli e ferocia inaudita nel perseguire i propri interessi personali. Illuminante a tal riguardo l'esperienza della Liberia, paese creato a fine '800 con schiavi liberati nel Nordamerica. In poco tempo, gli ex-schiavi, scimmiottando la società sudista che li schiavizzava, sono diventati essi stessi schiavisti, sottomettendo senza pietà i nativi. Questo paese è poi collassato (come la maggior parte degli altri) nella seconda metà del '900, nel solito bagno di sangue a sfondo etnico.
Quanto sopra è estremamente sintetico, me ne rendo conto, ma non potrebbe essere diversamente. La cosa che più mi piace in Ryszard Kapuscinski è che egli cerca di fotografare la terribile realtà africana senza nascondere i suoi inimmaginabili orrori, ma senza mai cadere nella retorica o in facili buonismi o peggio ancora nel solito mea culpa occidentale. Un ottimo giornalista che ha scritto un gran bel libro.

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