giovedì 3 gennaio 2008

Recensione del libro "Assassinio al Comitato Centrale", di Manuel Vazquez Montalban.




Durante una riunione del Comitato Centrale del Partito Comunista Spagnolo viene assassinato - a porte chiuse dall'interno in una stanza in cui per un attimo manca la luce - il Segretario Generale, Fernando Garrido. Siamo nei primi anni seguenti al regime franchista, il fatto scatena un putiferio che minaccia di destabilizzare tutta la nazione. Per fare luce sugli eventi viene assoldato il detective privato Pepe Carvalho. Questi si trova invischiato in una storia che pare essere più grande di lui, tra donne seducenti, intrighi politici di difficile lettura, pendagli da forca e servizi segreti vari. In realtà la soluzione dell'enigma è molto semplice, ed emerge in tutta la sua disarmante evidenza alla fine del libro. Un libro che parte con ritmo agonico e procede stentatamente, scritto con uno stile cerebrale, dal mio punto di vista veramente poco entusiasmante. Il racconto non è diviso in capitoli - cosa abbastanza inusuale - per cui il lettore si trova a dovere leggere oltre duecento pagine filate. Manuel Vazquez Montalban scrive in modo estremamente complesso, con continui flashback difficilmente distinguibili dal resto del testo e con interminabili descrizioni enogastronomiche. Anche la possibilità di contaminare questo giallo con elementi storico-politici di rilievo viene persa dallo scrittore spagnolo. Da questo punto di vista mi sembra semplicemente una spietata critica della struttura e delle modalità operative del pertito comunista e dei suoi intellettualismi. Pepe Carvalho è un automa da indagine, interessato solo dalle donne e dal mangiare, con una notevole predilezione per i piaceri di Lucullo. L'esperienza dell'opposizione al regime franchista viene liquidata in modo disarmante, presentando tutti i dirigenti del Partito Comunista come una massa di pseudointellettuali acefali, qualora non corrotti. La storia è molto semplice nella sostanza ma estremamente complessa e cerebrale nella forma, per cui il prodotto finale è dal mio punto di vista del tutto mediocre. Secondo me Manuel Vazquez Montalban non merita nel modo più assoluto la fama di cui gode. Dubito che leggerò altri suoi libri.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

BUON ANNO!!!!

Sabina Fragola ha detto...

Secondo me hai frainteso del tutto il libro di Montalban..non mi sembra affatto una lettura superficiale della situazione che viveva la Spagna in quel periodo, sospesa tra un passato difficile e un futuro incerto...Carvalho è un uomo disilluso, che ha provato cosa vuol dire essere sotto una dittatura, non avere nessun tipo di libertà e che ha cercato di lottare per riaverle, ma non ce l'ha fatta e da lì scaturisce la sua delusione e il suo essere ormai apolitico..è arrivato alla conclusione ke gli uomini dificilmente cambiano, che il mondo politico è corrotto e difficilmente migliora...ha conosciuto uomini e don ke vivevano di un sogno, ke anke lui per un certo periodo ha condiviso, am ke non è mai stato realizzato...La scrittura di Montalban è celebrale, entra in carvalho, nei suoi pensieri nei suoi ricordi, dando un senso di nebulosità che onestamente per me ha un senso nell'intero quadro della storia..e le sue digressioni su cibo e ricette mi paiono solo momenti in cui Carvalho appare er quello ke è: un uomo e non solo investigatore cinico e burbero..io mi ero accostata a questo libro con diffidenza e invece ho trovato un libro bello, interressante che attrae al tal punto ke non ci si accorge assolutamente del fatto che non ci siano capitoli..quelle duecento pagine volano..

whiteknight ha detto...

A me lo stile di Montalban non è piaciuto per niente, così come questo libro mi sembra un'occasione perduta per indagare sulla spagna post-franchista. Inoltre il protagonista , Pepe Carvalho è caratterizzato in modo pessimo. Ovviamente questo è solo un mio punto di vista, del tutto opinabile. Mi fa piacere che a te questo libro sia piaciuto, Sabina, ma non condivido per niente la tua opinione . Grazie comunque per averla scritta, mi fa piacere ascoltare le opinioni altri, anche se non concordano con le mie.